Intervista a Michele De Pascale: «L’Emilia-Romagna lasciata sola nel disastro dell’alluvione. Per vincere serve credibilità e un progetto di governo»

di Giada Fazzalari

Michele De Pascale, 39 anni, è sindaco di Ravenna dal 2016. Nel febbraio 2019 è stato eletto all’unanimità Presidente dell’UPI (Unione delle Province d’Italia). Alle elezioni regionali del 17 e 18 novembre prossimi sfiderà Elena Ugolini, candidata delle destre, sul terreno delle idee. In questi anni da sindaco e prima da assessore, ha lavorato sodo ed ha le idee molto chiare. In questa sfida è sostenuto da una larga coalizione tra cui i socialisti. Ma alla domanda se sia un laboratorio risponde: “la priorità per me è l’Emilia-Romagna”.

Sindaco, l’incubo alluvione è tornato, l’Emilia-Romagna sott’acqua per la terza volta in 16 mesi. Negli ultimi giorni abbiamo assistito al rimpallo di responsabilità poco edificante tra governo e regione…

«La cosa che a me ha lasciato completamente interdetto è che durante l’emergenza, mentre avevamo i piedi nel fango e ci vedevamo gli elicotteri che andavano a salvare le persone dalle loro case, il ministro Musumeci, che ha la delega alla protezione civile, invece che essere nel comitato nazionale per coordinare i soccorsi, ha fatto una conferenza stampa con il sottosegretario Bignami, parlando di finanziamenti e temi che non c’entravano nulla con l’emergenza in corso. Un gesto che mi ha colpito politicamente e umanamente».

Poi il Ministro si è recato ad una iniziativa di Ania per dire che si sta lavorando all’obbligo dell’assicurazione sulle case contro i rischi del clima. Lei cosa ne pensa?

«Un gesto incredibile. È come aver detto: “lo Stato non può rifondere, chi vuole tutelarsi si assicuri”. Evidentemente Musumeci, non essendo riuscito bene come ministro della protezione civile, si sta riciclando come promoter assicurativo. Esiste un’estetica istituzionale, che evidentemente non è stata rispettata».

Tornando alla ricostruzione. Ma alla fine, questi 4 miliardi e mezzo per l’emergenza sono arrivati o no?

«Intanto una premessa. Il commissario, a cui sono state assegnate risorse triennali – 2023-2024 e 2025 – ha fatto un piano per il ripristino e la manutenzione straordinaria di tutta la rete fluviale. La Regione ha presentato progetti per 750 milioni circa e di questi 280 milioni sono già stati spesi, inoltre ci sono cantieri in corso per 290 milioni e i restanti 150 milioni sono in fase di progettazione: per come siamo abituati in Italia, è un ritmo serrato, non si è mai visto spendere così tanti soldi in così poco tempo. Peraltro siamo stati lasciati completamente soli, non abbiamo avuto nessun supporto e aiuto. Il meccanismo adottato è stato dare i soldi e lasciare la gestione ai territori».

Quindi cosa è mancato?

« È un anno che ho perso la voce a furia di urlarlo: è mancato il piano per aumentare la sicurezza. Da due anni in Romagna cadono piogge che sono sovradimensionate rispetto alla portata del sistema. Quindi i 4 miliardi e mezzo, che sono quelli stimati per aumentare la sicurezza nei territori e rendere sicura la Romagna, è completamente fermo. Il commissario ha scritto la teoria, l’ha mandata al governo che ancora non l’ha approvata e poi bisognerà iniziare a decidere opera per opera. Siamo drammaticamente in ritardo e ci vorranno anni, ma se non inizi non arrivi mai».

Meloni decise l’anno scorso di affidare la gestione dell’emergenza al generale di Figliuolo e non al presidente della Regione come di prassi. Alla luce degli ultimi avvenimenti, che scelta è stata?

«In questo anno e mezzo sono stato più volte accusato di essere troppo critico con il Commissario. Io ho sempre avuto grande rispetto ma quando non ero d’accordo l’ho sempre detto con trasparenza. Però scaricare la colpa su Figliuolo mi sembra ingeneroso e attiverebbe il gioco dello scaricabarile, con il risultato che i cittadini finiscono per odiare la Repubblica. Una persona che non ha più una casa non si pone il tema di chi sia la colpa, ma se la prende con tutti e non mi sento di biasimarla per questo. È la scelta di fondo che è sbagliata. Solo il fatto che ci sia un dibattito su chi dovesse farlo, rappresenta un fallimento del governo Meloni. Se lo avesse fatto Bonaccini avremmo saputo a chi rivolgerci per la bontà o meno degli interventi. E invece lo scaricabarile di ora è vergognoso».

Prodi ha detto che c’è un pregiudizio ideologico sulla regione. È così? Il governo sta facendo campagna elettorale sull’alluvione?

«Chiamiamo le cose con il loro nome. Le peggiori cose su questa vicenda le ha dette e fatte Fratelli d’Italia, c’è stata dentro il governo una monopolizzazione. Ad esempio Salvini mi ha scritto per capire insieme la situazione delle strade Anas e ferrovie, la ministra Bernini mi ha contattato esprimendomi solidarietà, così come la sottosegretaria Savino. Tutti membri di Forza Italia o Lega. Da FdI ho visto solo speculazione politiche, mistificazione e violenza verbale. E nessun principio di collaborazione istituzionale e di leale collaborazione come prevede la Costituzione».

Hanno colpito molti alcune affermazioni fatte dalla sua avversaria Ugolini in un recente confronto: ha sostenuto di non aver votato alle elezioni europee e che alcune persone impegnate nella sua campagna elettorale avrebbero ricevuto degli avvertimenti. Due fatti curiosi.

«Una cosa le dico: non c’è nulla da vergognarsi a votare a destra.. (sorride). A parte gli scherzi, ma di quale Emilia-Romagna parla? come si permette ad offendere l’Emilia-Romagna in questo modo? Mi da proprio l’idea di una persona che non conosce questa terra, per accusarla in questo modo così infamante».

Dieci anni di governo della Regione a guida Bonaccini, qual è il bilancio?

«Un giudizio positivo perché ci sentiamo di aver costruito un progetto innovativo che si fa anche carico di proporre soluzioni a problemi che ci sono in Emilia-Romagna. Non un progetto autocelebrativo ma un progetto che, a differenza anche dei nostri avversari, i problemi li guarda all’altezza degli occhi e propone soluzioni. E attorno a questo progetto abbiamo una coalizione di centrosinistra larghissima che ha dentro 60 liste civiche territoriali. Sentiamo di avere messo in campo un’ottima proposta».

I sondaggi la danno in vantaggio.

«Il centrodestra ne ha diffuso uno che ci dà + 8%, noi uno che ci dà +14%. Non considero i sondaggi una certezza e sono sempre molto cauto. Ma mi va bene anche il loro…».

Sanità in Emilia-Romagna, un tema caldo da sempre. Dove intervenire? Liste d’attesa? Cau?

«Il sistema sanitario nazionale sta collassando, per responsabilità che non sono da attribuire tutte al governo Meloni, sarebbe ingeneroso e anche intellettualmente disonesto affermare una cosa simile. Il tema del sottofinanziamento del Ssn purtroppo parte da più lontano ma il governo Meloni lo sta ulteriormente aggravando. Stiamo andando a grande velocità verso il muro del 6% sul Pil e finirà che anche Schillaci inizierà a dire ai cittadini di assicurarsi per avere una sanità di qualità. È la strada verso cui l’Italia rischia di incamminarsi. L’Emilia-Romagna rimane il miglior sistema sanitario italiano insieme al Veneto, del modello Lombardia nessuno parla più. Noi non ci rassegniamo a passare dai migliori ai meno peggio. Durante il mese di agosto ho incontrato tremila persone, ho tenuto undici assemblee, dove ho presentato dieci punti e proposte concrete che vanno da una nuova visione completa delle politiche di prevenzione, a una riorganizzazione della medicina territoriale, un nuovo patto con i medici di medicina generale, la valorizzazione delle professioni infermieristiche. La nostra è l’ idea di un sistema che da un lato combatte per avere più finanziamenti e dall’altro promuove un progetto di autoriforma. Anche il sistema più forte del nostro Paese, se vuole resistere, deve cambiare».

Che ruolo avrà il socialismo riformista tra le forze che sostengono la sua coalizione?

«La cultura laica, socialista, riformista è anche una mia cultura di riferimento. Quando guidi una coalizione larga devi rispettare le sensibilità di tutti, ma alla fine hai anche la tua. Io sono iscritto al Pd e mi ritengo un riformista di sinistra, quella è la mia matrice culturale, quindi per me quello dei socialisti è un appoggio molto importante. Ho avuto il privilegio di crescere in una terra di valori risorgimentali e laici».

La coalizione che la sostiene è larga, dicevamo. L’Emilia-Romagna è un laboratorio politico nazionale?

«Il nostro vuole essere innanzitutto un laboratorio di buon governo dell’Emilia-Romagna. Ma faccio una riflessione. Una coalizione si fonda su due fattori: una credibilità delle classi dirigenti per poter lavorare insieme con rispetto e fiducia reciproca. E sul programma, su cosa fare, un progetto di governo forte per il Paese. Se si lavora su questi due pilastri, facendo coalizioni più larghe possibili, allora è la strada giusta. Proprio come in Emilia-Romagna».

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