Settimana corta, anche l’Italia si adegua alla rivoluzione del lavoro

di Daniele Unfer

Il tema non è nuovo. E neanche gli esperimenti. I primi modelli in Germania, con i contratti di solidarietà. In Italia è stato in passato tema di lungo dibattito ma poi non se ne fece nulla. Ora se ne parla nuovamente e in qualche caso si è arrivati a sperimentare nuove misure. Parliamo della riduzione dell’orario di lavoro con l’introduzione della settimana corta. L’esperimento arriva dalla Luxottica che ha sottoscritto un accordo con i sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil e le Rsu, nell’ambito di un nuovo contratto integrativo per il triennio 2024-2026 destinato ai quasi 15mila dipendenti. Per 20 settimane l’anno i dipendenti degli stabilimenti Luxottica lavoreranno quattro giorni, restando liberi da venerdì a domenica, mentre per tutte le altre settimane si manterranno i 5 giorni lavorativi. Inoltre l’azienda ha previsto per i prossimi anni un piano di assunzioni. Luxottica spiega che i lavoratori che sceglieranno di aderire al nuovo modello orario potranno ritagliare per sé e per le proprie esigenze personali venti giornate l’anno senza impatti sulla retribuzione. Una visione di welfare aziendale e di benessere in cui Luxottica si distingue e che può fare da apripista per un modello di lavoro nuovo, basato su un equilibrio tra bisogni del lavoratore e crescita dell’azienda. Non è la sola grande azienda a percorrere questa strada. Un esperimento analogo lo sta portando avanti Banca Intesa ma anche Lamborghini che ha in mente l’idea di intervallare una settimana corta con una di cinque giorni, concedendo di fatto ai lavoratori due venerdì liberi al mese. L’idea di accorciare il tempo lavorativo non nasce in casa nostra ma viene dall’esterno e si basa sul fatto che un lavoratore con più tempo libero non solo lavora meglio e produce meglio, ma diventa anche un consumatore più attivo con benefici circolari sull’economia.  All’estero, dove l’esperimento è già in atto, i titolari della maggior parte delle aziende coinvolte hanno confermato che la produttività delle loro imprese non ha subito variazioni negative. I lavoratori hanno affermato di aver beneficiato di maggior benessere e di un miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata. In Europa a guidare la novità è stato il Regno Unito in 61 aziende con interessanti risultati sia per le aziende che per i lavoratori. Ovviamente non tutti dipendenti sono d’accordo. Ci sono sensibilità diverse, soprattutto in relazione all’età. Chi è in azienda da più anni è meno propenso al cambiamento.  Pure in Germania è già in corso una sperimentazione pratica nelle imprese dopo che Ig Metall, il maggiore sindacato europeo, ha proposto di adottarla ufficialmente per incentivare i lavoratori rendendoli più produttivi. Così accade che il Paese europeo con il rapporto abitanti–economia più alto, ora in recessione, chiede 400 mila immigrati all’anno per riempire le catene di montaggio. In Germania va detto che le ore lavorate sono già ampiamente sotto la media Ocse: i tedeschi lavorano in media 1.349 ore all’anno contro le 1.872 dei greci. Infatti già oggi a lavorare di più non sono i laboriosi tedeschi ma i cittadini dei Balcani. La Turchia ha registrato la settimana lavorativa più lunga, con 42,9 ore nel 2020, che è il dato più recente di cui si ha contezza. La seguono il Montenegro (42,8 ore, dati 2020) e la Serbia (42,3 ore). Poi ci sono Grecia e Romania seguite da Polonia (39,5 ore), Bulgaria (39,2 ore) e Macedonia del Nord (39 ore). Le settimane più brevi sono quelle di Paesi Bassi (32,4 ore), Austria (33,7 ore), Norvegia (34,1 ore), Danimarca e Germania (entrambe 34,6 ore). Il Regno Unito (36,4 ore nel 2019) ha lo stesso numero di ore lavorative medie dell’Ue. La Francia e l’Italia (entrambe 36,2 ore) hanno registrato cifre leggermente inferiori rispetto all’Ue. In Spagna si lavora 36,5 ore a settimana, solo 6 minuti in più rispetto alla media europea. Ma la politica in Italia sarà in grado di affrontare, un dibattito del genere? Risposta difficile, soprattutto se ricordiamo come è stato trattato e archiviato quello sul salario minimo, la cui complessità è certamente minore rispetto a quella di un tema di tale portata.

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