La rotta da seguire per il centrosinistra

di Giada Fazzalari

Forse è presto per dire che il risultato delle elezioni amministrative sia un avviso di sfratto per il governo Meloni, come taluni hanno ottimisticamente osservato. Ma la vittoria schiacciante del centrosinistra nei capoluoghi di regione al voto – Firenze, Bari, Potenza, Campobasso, Perugia – danno una indicazione di marcia alle forze di opposizione. Innanzitutto il centrosinistra si può proiettare con più certezze e credibilità lungo il percorso che lo separa dalla scadenza naturale della legislatura: gli elettori hanno premiato il buon governo delle città e schieramenti facilmente riconoscibili, uniti, persino ‘polarizzati’ in aggregamenti schierati in maniera chiara. Nonostante il segnale sia incoraggiante per il centrosinistra, c’è però una verità difficile da negare: la scarsa partecipazione degli italiani al voto determina lo scollamento che c’è tra la classe politica e i cittadini. È una lezione significativa che non va ignorata: la capacità di mobilitazione dell’elettorato è scarsissima. Candidature poco attrattive (volti non riconoscibili), posizioni estreme e quindi ideologiche (le uscite di Vannacci sulla decima mas una barzelletta), poca credibilità nella classe politica dirigente (le risse alla Camera tra urla e ceffoni), sono alcuni tra i motivi. E mentre Meloni sta facendo un errore esiziale, e cioè di considerare valida la rendita di posizione che crede di avere nei confronti del suo elettorato, come se l’onda lunga del consenso andasse avanti per inerzia, la sinistra deve trarre la sua ‘lezione’. I cittadini non si mobilitano (specie in vista di referendum decisivi) dicendo che va tutto male, o urlando allo scandalo. Ma deve giocare la partita candidandosi a diventare alternativa di governo ma con la chiarezza della proposta e la solidità della coalizione che deve essere inclusiva e larga. Non può non stare, una sinistra che si ritenga tale e che non vuole tradire la sua missione, dove c’è malessere e dove non sono garantiti giustizia sociale e diritti. Due milioni e mezzo di persone rinunciano a curarsi, in un Paese dove quasi sei milioni di italiani sono poveri, vivono sotto la soglia di inclusione sociale. Una condizione che ruba il futuro ai nostri ragazzi, perché, badate bene, in Italia assai più della ricchezza si eredita la povertà: per la sinistra la strada è lunga e difficile ma vale la pena di batterla.

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