Avanti della domenica del 22 aprile 2023
intervista a Gaia Tortora di Giada Fazzalari
Quarant’anni da quella che fu una delle pagine più buie della storia del nostro Paese. Enzo Tortora, uno dei giornalisti più popolari della televisione italiana, il 17 giugno del 1983 veniva trascinato fuori dall’Hotel Plaza a Roma in manette, affiancato dai carabinieri che ne eseguivano l’arresto. L’accusa di due malavitosi è quella di traffico di stupefacenti. Il paese è sotto choc e ciò che ne conseguì fu una indecente e vergognosa spettacolarizzazione del caso da parte di tv e giornali. Una gogna mediatica dolorosa che per un uomo perbene, che fu poi assolto dalla Corte d’Appello di Napoli perché innocente, è pesata come un macigno. “Non fu malagiustizia o errore giudiziario” – spiega Gaia Tortora, giornalista e conduttrice Tv, vice direttrice del TgLa7, in questa intervista all’Avanti! della domenica. “Con il tempo mi sono convinta che fu vero e proprio accanimento” – aggiunge. Già, perché i pubblici ministeri che si occuparono del caso credettero a quelle accuse infamanti senza condurre gli accertamenti che avrebbero evitato a Tortora l’arresto e alla famiglia una sofferenza “su cui per anni ci si lavora, ma che non passa”- dice Gaia Tortora che è autrice di un libro intenso, uscito due settimane fa, dal titolo emblematico: “Avanti e a testa alta”. In quelle pagine racconta la storia della sua famiglia, sapendo che come Enzo Tortora, un innocente incastrato nella morsa della giustizia ingiusta, ve ne sono stati e ve ne sono ancora molti, nel Paese in cui ogni giorno tre innocenti finiscono in carcere per errore. E’ a loro che vuole dare voce con questo libro e alle loro famiglie. Enzo Tortora, quando tornò in tv pronunciando la celebre frase “dove eravamo rimasti”?, non era più quello di prima. Il 18 maggio 1988, lasciò un vuoto incolmabile, quello di una persona che fu esempio di garbo, educazione, dignità.
Quaranta anni dall’arresto, un calvario giudiziario che portò alla morte Enzo Tortora. Perché oggi questo libro?
<<Perché era il tempo giusto. All’epoca ero solo una quattordicenne che si è portata dietro per anni dolore e sofferenza. Ci ho lavorato molto ed è arrivato il tempo in cui, avendo messo a posto un po’ di cose anche dentro me stessa, ho voluto restituire una visione diversa che non fosse soltanto quella di chi è protagonista, ma anche quella delle persone che gli sono accanto. Ce ne sono tantissime di persone che vivono gli “effetti collaterali”, so come ci si sente. In fondo ci si sente soli>>
Da cosa è nata l’idea del titolo del tuo libro?
<< “Testa alta e avanti!” è una frase che mi scrisse papà in una lettera e che poi mi ripeté a voce. Era una esortazione. Un modo di dire che poi è diventato uno stile di vita. Forzato>>
A quarant’anni di distanza dall’arresto di Enzo Tortora e ripensando a tutte le vicende che lo hanno coinvolto, fu a tuo avviso un errore o accanimento giudiziario?
<<Per tanto tempo ho assimilato le parole ‘malagiustizia’ e ‘errore giudiziario’ senza essermi soffermata sul loro significato. Con il passare degli anni ho riflettuto e rivisto molte cose. Ho realizzato che se si hanno gli elementi e si può verificare in tempi brevi l’innocenza di una persona, senza farlo, non saprei come altro chiamarlo se non accanimento>>
All’epoca una giustizia malata mise su un piano più alto le dichiarazioni di un criminale e su uno più basso la parola di un uomo perbene, senza sentire la necessità di un maggiore approfondimento. Quanto contribuì a questa gestione superficiale il mondo dell’informazione? Quanto spinse per una lunga spettacolarizzazione del ‘caso Tortora’?
<<Il mondo dell’informazione ha avuto un ruolo decisivo e contribuì molto alla spettacolarizzazione del dramma vissuto da mio padre. E le due cose, a mio avviso, si tengono insieme, lo dico con tanta amarezza e grande dolore. C’era quasi una specie di goduria nel vedere quella persona, mio padre, in forte difficoltà, per usare un’espressione garbata. Come se alla base ci fosse una sorta di invidia per un uomo che era tra i più popolari. Tutto questo è inspiegabile. Dico sempre che se anche altri avessero fatto quello che ha fatto Vittorio Feltri, e cioè guardare le carte processuali, verificare la notizia e scoprire le evidenti contraddizioni che c’erano, i giornalisti si sarebbero fatti un’idea anche loro invece di sparare titoli e sentenze>>
E a chi fece gioco quell’atteggiamento di parte? E’ un vizio italiano o cosa?
<<Oggi forse è diventato una specie di vizio. Quello cioè di chi pensa di acchiappare più clic o di vendere qualche copia in più sulla pelle di qualcuno che ancora non è stato neanche magari processato>>
E oggi non è cambiato nulla?
<<E’ cambiato molto poco. Ho creduto, per un po’ di tempo, che qualcosa fosse cambiato. Ma quando poi vedi che questo è il paese dei derby, dell’ostinarsi a dividersi su tutto, dello stare per forza da una parte e dall’altra per scaldare la curva, allora mi convinco che sia tutto rimasto come prima>>
Cosa significa sentirsi soli?
<<Sentirsi soli con una enorme sofferenza e capire di avere una etichettatura, perché senti di non poterne parlare al di fuori. È quello il tipo di solitudine che volevo condividere, perché è un marchio che ti rimane e rimane per sempre e non è una cosa piacevole, né una cosa che se ne andrà mai. Immagino anche per le persone che hanno meno possibilità di esternarlo come ho fatto io>>
In varie occasioni hai denunciato la condizione in cui versano le carceri: sovraffollamento, detenzione dei minori, delle madri con bambini, la vergogna della carcerazione preventiva…
Qual è lo stato di salute delle carceri in Italia?
<<Le condizioni non sono cambiate, sono le stesse di allora. Si potrebbe cominciare dalle carceri minorili. Credo che i ragazzi non debbano scontare la loro pena in carcere, ma debbano fare percorsi in comunità e avere la possibilità di essere seguiti anche una volta che hanno finito di scontare la loro pena. Non è il carcere il luogo dove dovrebbero stare i ragazzi, anche se hanno pareti colorate e laboratori dove trascorrere il tempo. I numeri dei minori detenuti sono ridotti, si parla di cinquecento ragazzi in tutta Italia. Si potrebbe fare presto almeno in quello>>
Cosa pensi della polemica delle madri in carcere con i loro figli?
<<Come al solito il nostro paese affronta le questioni come una maionese impazzita e con le tifoserie. Le madri in carcere con i bambini non dovrebbero starci, però a questo fatto si è aggiunta la questione della recidiva per il caso delle borseggiatrici nelle metropolitane e dall’altra parte c’è chi le accusa di restare incinta per non andare in prigione. Insomma, credo non sia mai giusto affrontare un problema generale guardando solo a un aspetto>>
Nordio, da tutti riconosciuto come un garantista liberale, ha annunciato una riforma della giustizia. Cosa dovrebbe fare subito a tuo avviso?
<<Mi pare che del Ministro Nordio si siano un po’ perse le tracce. Non mi sento di dare ricette ma vorrei vedere dei segnali, perché dopo grandi annunci non abbiamo visto granché. Comprendo che politicamente sia stato un po’ messo all’angolo o comunque non riesco a capire quale sia il percorso che vuole intraprendere. Da una parte mi auguro che ci stia lavorando, perché stiamo comunque parlando di grandi riforme strutturali e non si fanno solo con gli annunci in poco tempo. Certo è che c’era molta attesa e adesso c’è molto silenzio su tante questioni. Ad esempio vorrei sapere che fine abbia fatto la sua idea di riforma della separazione delle carriere. O che fine farà >>
L’introduzione di una norma più stringente della legge sulla responsabilità civile dei magistrati andrebbe fatta?
<<Andrebbe resa certamente più stringente ma soprattutto bisognerebbe vagliare anche per i magistrati, come succede in tutti i lavori, che tipo di percorso si fa, quanti incarichi sono stati portati a segno e quanti si sono sbagliati. E in base a quello valutare avanzamenti di carriera oppure no. Non è possibile che questo sia il Paese dove ognuno fa come gli pare e si viene anche promossi>>
Come nel caso dei magistrati che si occuparono del caso Tortora?
<<Quei magistrati sono stati tutti promossi>>
Qualcuno ha chiesto che venga istituita la “giornata degli errori giudiziari” e che ricorra il giorno dell’arresto di tuo padre, il 17 giugno. E’ un atto simbolico che può servire all’opinione pubblica o a chi si occupa di diritto per sensibilizzarli ai temi della ‘giustizia giusta’?
<< Su questo tema resto reticente, non vorrei che alla fine si trattasse di bandierine simboliche, buone per un giorno, che poi lasciano il tempo che trovano. Preferirei vedere prendere seri provvedimenti sulla riforma della giustizia>>
Tuo padre ti disse mai cosa provò quando pronunciò quella frase che è rimasta impressa nella memoria di migliaia di italiani: “dove eravamo rimasti?”
<<Non era necessario e non ne avevo bisogno. Tutto era scritto nei suoi occhi. Non erano più quelli di prima. Lui era tornato in televisione, dal suo pubblico, perché voleva ricominciare, ma non era più l’uomo di prima. E non lo è mai più stato>>