di Giada Fazzalari
Il clima politico americano, dopo l’attentato di Butler nel quale Trump è rimasto ferito, è diventato incendiario. Fino ad allora tutta l’attenzione era concentrata sulla scelta di Biden, sulle sue condizioni, sul fatto che fosse stato possibile convincerlo o meno a lasciare. La sfida per la Casa Bianca vede ad oggi protagonisti due candidati poco rassicuranti. Così come stanno le cose, la grande America sarà guidata da un anziano signore con problemi di salute, oppure da un isolazionista che, nella migliore delle ipotesi, contribuirà a destabilizzare un mondo già in piena crisi. Sulle loro spalle potrebbero poggiarsi le sorti del mondo. È vero che quella americana è una democrazia solida e matura, capace di pesi e contrappesi tali da mettere in sicurezza il Paese da eventuali scelte dettate da scarsa lucidità o da una ottusità di vedute egocentriche; ma in gioco c’è comunque molto. E quel molto può riguardarci da vicino. Sono da affrontare scelte lungimiranti per l’ambiente e per la sicurezza. E ci sono questioni, come i conflitti in atto, che vanno affrontati con determinazione per riportare i beni supremi della pace e della giustizia al centro della discussione. Se vincesse Trump, il ruolo e il futuro di organizzazioni internazionali come la Nato, che riveste un carattere geopolitico fondamentale, potrebbe essere messo in discussione. Così come quello stesso degli Stati Uniti nel panorama internazionale, qualora la filosofia dell’“America First” avesse il sopravvento, abbandonando altri (in primis l’Europa) a quella posizione di mediatore mondiale sul quale Bruxelles non è ancora pronta. Intanto negli Usa lo spettacolo continua, con la convention repubblicana appena conclusa e con il profilarsi di quella democratica, il mese prossimo. Sarà a Chicago, la città degli Obama. Per qualcuno, forse, più di un segnale.