di Giada Fazzalari
Nel celebre discorso pronunciato nel messaggio di fine anno agli italiani nel 1981, Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica più amato di sempre, si espresse così: “Io credo nel popolo italiano. È un popolo generoso, laborioso. Non chiede che poter avere un lavoro, una casa, e di poter curare la salute dei suoi cari. Non chiede dunque il paradiso in terra. Chiede quello che dovrebbe avere ogni popolo”. Fa impressione rileggere queste parole oggi, che viviamo in un periodo storico in cui, come conferma l’ultimo rapporto Caritas sulla povertà in Italia di pochi giorni fa, nel nostro Paese milioni di italiani – 5,7, cioè una persona su dieci, il 9,7% degli italiani, un numero impressionante – vivono sotto la soglia di esclusione sociale, di povertà assoluta. Una fotografia drammatica che sembra colpire proprio i capisaldi che il Presidente socialista adottò come pietra miliare che ispirò l’azione politica dei socialisti negli anni a venire: libertà e giustizia sociale. Perché la povertà descritta dal rapporto Caritas fagocita persino chi ha una occupazione. Segno emblematico di una debolezza del lavoro che non è più, come un tempo, fattore di tutela sociale. Un disagio che si riflette sulla casa, che cessa di essere rifugio e certezza. E che si riversa sui ragazzi: l’incidenza della povertà assoluta tra i minori oggi è ai massimi storici, uno svantaggio endemico che fa il paio con la povertà educativa e le risibili possibilità di scalare quell’ascensore sociale che dovrebbe permettere a chiunque di avviarsi verso il futuro partendo dalla stessa condizione, indipendentemente dalle possibilità economiche. In un Paese dove non contano il merito e la competenza, dove i talenti non hanno un posto dignitoso nel mondo, dove chi ha un lavoro si mette in fila per un pasto ai centri Caritas e dove la forbice delle diseguaglianze si allarga spaventosamente facendo i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, bisognerebbe fare della lotta alle diseguaglianze il primo punto di una nuova agenda globale (rendendo la fiscalità più equa, tassando, per davvero, le multinazionali che fatturano in Italia, rafforzando i sistemi di welfare a partire dalla sanità). E invece, mentre rischiamo che la crisi sociale sprofondi nell’abisso, nella prossima manovra di bilancio targata Meloni, non c’è niente che venga in soccorso di famiglie e lavoratori. Anzi, sembra accanirsi contro di essi (tagli al fondo affitti, niente salario minimo, depotenziato il fondo contro la dispersione scolastica). E così la povertà al tempo della destra del governo Meloni travolge le certezze, soffoca la speranza di una vita dignitosa, rende più fragili le aspettative nel futuro, più forti la sfiducia e l’incertezza. Ma per questo governo, si sa, va sempre tutto bene.