Povera Italia

di Giada Fazzalari

Cinque milioni e 700 mila persone, in Italia, vivono in una condizione di povertà assoluta. Il 10% degli italiani è a rischio esclusione sociale: una povertà strutturale, cronica, ereditaria, intergenerazionale, che se si è abbattuta sui padri, non risparmierà i figli. Insomma, poveri si nasce e il lavoro non basta per uscire dall’indigenza. È il drammatico Rapporto Caritas che fotografa un fenomeno che non è più residuale come nel passato. Nella piramide che disegna le diseguaglianze, i ricchi sono sempre più ricchi, i fragili finiscono nel gradino sempre più in basso. Un esercito di invisibili: alla società che li esclude, alla politica che non se ne occupa, ad una buona parte dell’informazione, che spesso li ignora. E non c’è nessuno che parli per loro. Sono afoni, privi di voce, relegati a numeri, cifre, statistiche. E a retorica. Perché la politica ha un rapporto controverso con la povertà. Non se ne occupa mai sui serio, ma la utilizza per piantare bandierine elettorali, come quando qualcuno, senza provare imbarazzo, aveva urlato che la povertà era stata abolita. Sono invisibili, eppure i poveri sono sempre più numerosi. Sono coloro che hanno un lavoro che non li rende più liberi. Una fotografia amara, che arriva ad un mese dall’approvazione della Manovra Meloni “forte con i deboli, debole con i forti”: niente salario minimo, zero investimenti su sanità pubblica allo sbando, aumento dei costi per i prodotti per le donne e per l’infanzia, abolizione delle forme del sostegno ai più poveri. Zero contrasto all’evasione fiscale, la tassa sugli extraprofitti delle banche finita in farsa. La Caritas, con il rapporto “Tutto da perdere” ha parlato di “una sconfitta per la società”. Ma è piuttosto una sconfitta per la politica. Che ora è chiamata a dare risposte.

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