Per l’Europa un progetto che sconfigga immobilismo e populismo

di Bobo Craxi

Nella consapevolezza che l’Unione Europea in un breve periodo dalla sua nascita è stata sottoposta a sfide difficili e per certi versi senza precedenti, il suo sovranismo è messo dinnanzi ad un’altra prova complessa e determinante perché dal voto dei suoi cittadini inevitabilmente scaturirà il futuro del suo progetto originario, che potrebbe uscire rafforzato od al contrario fortemente indebolito, incapace di spingere verso una reale e più convincente integrazione. I paesi guida dell’Unione affrontano con realismo il calo di popolarità delle istituzioni europee sempre più percepite come veicolo di progressi elitari mentre le politiche dei singoli Stati sono sempre più concentrati nell’affrontare i problemi locali, e d’altronde dopo la Pandemia non poteva che essere così. C’è un tema che riguarda le incertezze generali che vengono affrontate in questa campagna elettorale, sono figlie della fine degli equilibri stabiliti dopo la seconda guerra mondiale, il disordine nel quale l’Europa, priva di una guida fortemente condivisa, sembra in balia delle onde provocate dalle nuove guerre commerciali, dalle concorrenze sempre più aggressive dei nuovi players che si sono affacciati, grazie al mercato globale, dominato dal capitalismo dilagante verso il quale l’Europa non può che correre a timidi ripari. La prima grande questione riguarda la necessità europea di insistere nel cammino della crescita economica, mettendo in comune le proprie risorse e non sviluppando all’interno della stessa Unione una dilaniante concorrenza fra Stati. Ed è chiaro che solo il suo rafforzamento attraverso una convincente presenza internazionale può fare fronte alla competizione che, senza spingersi ai confini di un reale conflitto, inevitabilmente ci pone in concorrenza con i principali attori economici che sono Cina e Stati Uniti. Ma un consolidamento ed un rafforzamento dell’Unione Europea, del suo carattere, passa inevitabilmente da un voto dei cittadini europei consapevole e determinato. Per far avanzare politiche comuni, una difesa condivisa, una fiscalità integrata, è necessario che si affermino le forze politiche che più in questi anni hanno saputo interpretare lo spirito originario del patto originario che fu alla base dell’Unione Europea, restituendo alla politica e sottraendo agli euroburocrati lo scettro del comando. C’è una tenzone all’interno degli Stati dell’Unione, una forte contrapposizione fra le aree politiche europeiste dell’Unione e c’è in questa campagna elettorale una chiara ed evidente alternativa di visione su ciò che dovrebbe o potrebbe diventare l’Europa nel futuro. Se le forze conservatrici spingono per determinare e rinnovare le medesime condizioni che generarono la fuoriuscita della Gran Bretagna, quelle popolari, liberali e socialiste si confrontano per contendersi l’egemonia e la guida politica della futura Commissione, e dentro le stesse forze politiche vi è uno scontro evidente su chi potrebbe essere il futuro commissario. Insidiosa è per la nostra Premier questa tornata elettorale, che ha inteso giocare tutta in chiave interna (così come la sua dirimpettaia a sinistra Elly Schlein) scambiando un’elezione generale europea per un sondaggio sul proprio governo e su di sé, camuffando così il vero imbarazzante tema per lei, ovvero che si trova alleata in Europa con le destre più conservatrici ed anti-europeiste e che quindi il blocco dominante della politica e del Governo italiano mostra il suo volto più euro-scettico, ancora più insidioso della postura euro-critica interpretata dai socialisti europei e dai riformisti liberali. Per avanzare nel progetto europeo bisogna anche evitare di trasferire all’interno della Commissione i soli interessi particolari nazionali. Lo sforzo compiuto da Gentiloni per riformare il Patto di Stabilità, anche di concerto con il governo italiano e settori dell’opposizione, è stato sonoramente bocciato dagli eurodeputati italiani. E parimenti l’azione del Commissario francese che ha preannunciato di elevare dazi per l’importazione di auto cinesi, misura salutata con gioia da Stellantis, è stata fortemente criticata dai tedeschi perché temono ritorsioni, inevitabili, da parte del colosso asiatico nei confronti delle auto europee, mercato nel quale i tedeschi sono leader assoluti. Per questa ragione i grandi imprenditori della Germania, la grande “malata” d’Europa, fanno appello al voto per evitare che prevalgano nel futuro i miasmi più populisti della società europea. “Le risposte apparentemente semplici a problemi complessi non saranno mai efficaci”, ha detto il capo della Siemens. “I populisti rispondono con meno, mentre noi chiediamo più diversità, più apertura e più tolleranza”. È lo spirito riflessivo, serio e preoccupato che in Italia, in questa campagna elettorale, sembra essere rappresentato solo dal blocco di forze minori che esalta l’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa come speranza e come filosofia di fondo che allontani il rischio della paralisi che porterebbe l’Europa alla sua marginalizzazione. Più forza politica per concludere ed implementate il processo di riforme necessarie, che miri anche all’allargamento dell’Unione per poter competere economicamente su scala globale, per poter contare di più sul piano politico in direzione di una nuova fase di pace e progresso duraturo per tutti i popoli.

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