Per il governo le tasse non sono bellissime ma i condoni si

di Stefano Amoroso

Il condono, croce e delizia di ogni governo italiano, pare inevitabile come respirare o bere acqua. Perfino l’integerrimo Mario Draghi nel marzo 2021, a poche settimane dal suo insediamento, ha dovuto cedere alle pressioni e promuoverne uno: lo stralcio delle vecchie cartelle esattoriali fino a 5 mila euro, benché limitato al decennio 2000-2010 e solo per le persone fisiche con un Isee minimo, inferiore a 30 mila euro. Soluzione necessaria, sostenne allora l’ex banchiere centrale europeo, per evitare lo spreco di risorse preziose da dedicare alla media e grande evasione fiscale. Ed implicita ammissione del fatto che lo Stato, soprattutto quando si tratta di riscuotere le imposte, non funziona molto bene. Passa più o meno un anno e mezzo ed il governo Meloni, appena insediatosi, fa un bel regalo di Natale agli evasori e scorretti: ben dodici condoni, infilati uno dopo l’altro nella Finanziaria 2022. Successivamente, ad inizio primavera 2023, arriva il tredicesimo della serie: un condono penale per chi è stato già condannato in primo grado per i reati di omesso versamento di ritenute e Iva. E così via. Diciotto condoni in tutto, spesso edulcorati da espressioni morbide come sanatoria, rottamazione e stralcio. È sotto gli occhi di tutti che lo Stato non sempre offre servizi all’altezza ai cittadini ed alle imprese. Ed è altrettanto vero che le norme sono spesso così complicate e contorte, da trarre in inganno anche i più smaliziati ed esperti fiscalisti. E tuttavia, uno Stato che rinuncia a priori all’idea di far pagare le tasse a tutti, commette un triplice errore: innanzitutto crea una voragine nei conti pubblici, che poi dovrà essere colmata aumentando altre tasse ed imposte, o tagliando i servizi. In secondo luogo, lede gravemente il principio di uguaglianza tra i cittadini. Perché ci sarà sempre chi non può evadere nulla, come i tipici dipendenti pubblici, essendo tassati alla fonte, e chi invece ha la possibilità di evadere totalmente le imposte dovute. In terzo luogo, i condoni sono un grave errore perché, soprattutto quando sono generalizzati, creano l’aspettativa che presto o tardi ve ne saranno altri. Gli aspiranti evasori, dunque, non devono far altro che evitare di pagare ed aspettare che arrivi il regalo governativo. Il risultato è che l’Italia detiene il triste primato dell’evasione fiscale accertata in Europa: sono circa 191 miliardi di euro, cioè quasi quanto cinque manovre finanziarie, i soldi che vengono sottratti ogni anno alle casse pubbliche. In Francia, che ha una popolazione simile, ma un Pil superiore, l’evasione è intorno a 118 miliardi di euro all’anno. Sul piano dell’equità sociale, poi, gli effetti sono devastanti: l’Italia è un Paese che tende a tassare maggiormente i consumi, il reddito d’impresa ed il reddito da lavoro, rispetto ad altre fonti di reddito come le rendite finanziarie. Con l’evasione, che riguarda soprattutto i consumi (Iva non pagata, per esempio), il reddito da lavoro autonomo ed il reddito d’impresa, si creano dei notevoli buchi nelle casse pubbliche. E ciò, chiaramente, non permette d’investire in servizi per le aree del Paese abitate da salariati e stipendiati a reddito medio – basso, che spesso sono quelli che ne hanno maggiormente bisogno. Bisognerebbe chiedersi dove sia finita la destra sociale, che una volta difendeva i meno abbienti, le periferie ed i sobborghi più poveri delle grandi e medie città, soprattutto nel Centro Sud. Luoghi dove, spesso, la sezione locale del Movimento Sociale Italiano era un punto di riferimento per disoccupati, madri sole con figli, ex carcerati che faticavano a reinserirsi nella società, ed altre persone ai margini. Oggi, invece, i nipoti del vecchio MSI aboliscono il reddito di cittadinanza, strizzano un occhio agli evasori e, in buona sostanza, difendono gli interessi dei ceti medio – alti od addirittura molto alti. Certamente c’è anche un problema di spesa pubblica poco efficiente e di sprechi, su cui anche la sinistra ha le sue colpe. Però è sbagliato giustificare l’evasione con gli sprechi di denaro pubblico. Anche perché l’equità sociale, unita all’etica privata e pubblica, sono alla base della convivenza civile. “A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato” diceva Paolo Borsellino, nato a Palermo nel quartiere popolare della Kalsa, uomo integerrimo e grande magistrato, ucciso dalla mafia con complicità ancora in parte da chiarire. Borsellino era uomo dichiaratamente ed orgogliosamente di destra. Chissà cosa direbbe di tutti questi condoni.

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