di Lorenzo Cinquepalmi
Il numero dei morti palestinesi a Gaza sfiora la cifra inconcepibile di 32.000. Pochissime di queste vittime possono essere considerate combattenti, miliziani, in una parola: nemici dell’esercito che li colpisce. La gran parte dei morti sono civili e, tra di essi, un numero impressionante è di bambini. A Gaza si muore sotto le bombe o per i colpi di arma da fuoco, ma si muore, soprattutto, di fame, di sete, di malattia, di abbandono. Si muore come si moriva nei campi di concentramento nel ‘900 da cui ci siamo separati ormai da decenni. Dopo gli orrori delle guerre e delle dittature, il cui ciclo credevamo esaurito con il crollo del Muro di Berlino, ci siamo illusi che la comunità internazionale delle democrazie occidentali avesse concordemente messo la parola fine alle stragi di innocenti del secolo breve. Tra quelle democrazie ci siamo illusi di poter annoverare stati che, alla luce dei fatti che sono sotto i nostri occhi, si stanno invece rivelando apparenze di democrazia, apparenze di comunità rette dal diritto e dalla giustizia. In questi giorni leggiamo gli interventi allarmati e allarmanti sulla situazione umanitaria a Gaza del Segretario generale dell’ONU Guterres, del “ministro” degli Esteri dell’Unione europea Borrel, delle principali agenzie dell’ONU e delle più importanti ONG, come OXFAM, che denunciano l’avvicinarsi di una carestia foriera di strage nel territorio palestinese tra Egitto e Israele. Un territorio che contava due milioni di abitanti all’inizio della rappresaglia israeliana. Ciò che vediamo morire a Gaza, insieme a un numero impronunciabile di innocenti, è la verità e, con essa, la fiducia nella differenza morale degli stati democratici rispetto agli altri. Su quello che accade a Gaza assistiamo ormai quotidianamente a un valzer della menzogna di memoria sovietica: le affermazioni di Guterres e Borrell, dell’OXFAM e dell’UNRWA, sono quotidianamente contraddette dall’esponente governativo israeliano di turno, con argomenti lunari, secondo i quali la fame sarebbe da addebitare alle leadership palestinesi, così come la responsabilità delle decine di migliaia di morti non combattenti. Mentre le strade e le piazze a Tel Aviv e Gerusalemme si riempiono sempre di più di cittadini israeliani che contestano la dissimulata “soluzione finale” che il governo Netanyahu sta praticando a Gaza, l’Occidente è sommerso di esempi angoscianti di come il modello di democrazia occidentale, basata sul diritto e sul limite che il popolo impone al potere, sia ormai rinnegato in Paesi che sognavamo acquisiti ai principi delle Dichiarazioni Universali, come la Russia, o che su quei principi erano addirittura stati eretti, come Israele. Per Ben Gurion, Golda Meyer, Moshe Dayan, Shimon Peres, Yitzhak Rabin, che pure hanno sempre fieramente e giustamente difeso in armi il diritto degli israeliani a vivere liberi e in pace nella terra promessa, ciò che sta accadendo oggi sarebbe semplicemente inconcepibile. Quello a cui assistiamo è un attacco concentrico a un ideale di società che, dal 1945, aveva determinato una crescita imponente del benessere e dei diritti, soprattutto in occidente ma, pur con parentesi di orrore, in tutto il mondo. Un ideale di società in cui la pace e i diritti erano valori acquisiti e moralmente intangibili. Ciò non significa che non siano stati, comunque, traditi o compromessi qua e là, ma non a viso scoperto. Ecco, la differenza nelle azioni a cui stiamo assistendo è proprio questa: oggi si sono affermate leadership, anche in Paesi di impianto democratico, che non hanno più ritegno a rinnegare i principi fondamentali dell’occidente: le libertà, i diritti, il progresso morale e materiale dei popoli. Vediamo leader che si rivolgono alla loro gente offrendo la violazione della giustizia, del diritto e della stessa umanità, come ricetta per il benessere individuale dei singoli cittadini, non importa a scapito di chi. Leader che fomentano l’odio, che prosperano sull’egoismo: sono i Putin, i Trump, i Netanyahu; e con loro i tanti emuli che vediamo sorgere e affermarsi in nazioni che sembravano vaccinati rispetto al nero virus dell’odio. Ecco cosa sta morendo a Gaza, insieme a migliaia di innocenti: sta morendo il sogno di un mondo migliore, in cui le società provano davvero a non lasciare indietro nessuno e in cui i cittadini possono davvero sognare che domani debba essere migliore di ieri. Anche questo sogno sta morendo, adesso, a Gaza.