Nella calza della Meloni: otoliti, pistoleri e inchieste

di Alessandro Silvestri

E anche il 2024 non sembrerebbe iniziato bene per “l’uomo dell’anno”, come l’ha definita arditamente il quotidiano Libero, ovvero la nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. E non ci riferiamo certo, per rispetto dovuto, ai guai di salute che l’hanno afflitta tra il vecchio e il nuovo anno, una fastidiosa otolite che possiamo soltanto supporre, fosse stata solo quella, avrebbe causato meno dolori al capo del Governo. E così, allungando i tempi di protocollo, invece che intervenire qualche giorno prima del Presidente della Repubblica (che tradizionalmente dal 1949, pronuncia il suo discorso il 31 dicembre) lo ha fatto giorni dopo.

Dall’ottobre del ’22 stiamo praticamente lavorando sulla stessa identica sceneggiatura. Un canovaccio dove si intercambiano soltanto alcuni dei protagonisti e le circostanze in cui si muovono sul set, ma dove sostanzialmente abbiamo una principessa costretta invece che a baciarli, ad ingoiare i rospi della sua corte, che gliene combinano una dietro l’altra. Pensavate che la lasciassero tranquilla anche per le feste comandate? Nossignori. Il via ai giri di valzer lo aveva iniziato il suo staff, quando Il 13 dicembre le ha rimediato la figuraccia in Senato durante la discussione sul Mes, quella del “fax” sventolato in aula, col quale aveva accusato il Conte II di aver approvato la riforma del meccanismo europeo di stabilità “col favore delle tenebre” palesando un complotto a governo decaduto e quindi titolato soltanto per gli “affari correnti”, mentre invece così non era ed oltretutto il Parlamento (ma lei dove stava?) aveva votato a maggioranza il provvedimento già il 9 dicembre 2020.

Passano 15 giorni, e viene da pensare che forse gli strali del ministro della difesa Crosetto lanciati contro la “magistratura politica” si siano materializzano con il mandato d’arresto per Tommaso Verdini per corruzione e turbativa d’asta sugli appalti Anas (ma anche FS). Indagato pure il padre Denis, e disposta la misura cautelare per il socio Pileri e altri tre imprenditori. Sospesi dal servizio due dirigenti dell’ente pubblico ma c’è da aspettarsi che il bubbone sia assai più purulento. Naturalmente, tanto il Governo quanto i partiti di maggioranza hanno fatto subito quadrato intorno a Matteo Salvini, che non risulta indagato così come la sua compagna Francesca Verdini. Ma è evidente il disagio della Meloni per le vicende giudiziarie che si susseguono tra i suoi, una strana specie di classe dirigente a propria insaputa. Evento malevolo, quello delle possibili inchieste giudiziarie, che come già anticipammo lo scorso anno, temeva più di ogni altra cosa nel corso del suo mandato.

Ma non fa in tempo il Presidente Mattarella, a tenere il suo discorso di fine anno, dove ha toccato tutti i temi cruciali del nostro tempo, dalla guerra alla violenza di genere; dal lavoro alla scuola; dal valore attualissimo della Costituzione all’Intelligenza Artificiale; che il deputato vercellese di FdI, Emanuele Pozzolo, il 31 dicembre al veglione organizzato dalla sorella del sottosegretario Andrea Delmastro, sindaca di Rosazza (BI), ha tirato fuori la pistola calibro 22 dalla quale (per adesso non si sa ancora da chi, ma intanto la Procura di Biella ha indagato Pozzolo) è partito un colpo che ha ferito, per fortuna lievemente, il genero di un agente della scorta di Delmastro. Una vicenda che lascia di stucco l’intero Paese (e oltre) e che, come è ovvio, moltiplica le preoccupazioni della Meloni. Che può contare è vero, su una delle maggioranze numeriche più sostanziose della storia repubblicana, ma non di sicuro sulla maggioranza di miglior qualità che si sia mai vista. E ora è arrivato anche il “pistolero” a confermare la famosa tesi di quello sgominatore di luoghi comuni che fu Ennio Flaiano: “la situazione politica è grave ma non è seria”. E non aveva visto ancora nulla.

E pensare che soltanto il 28 dicembre era toccato al fido ministro Lollobrigida correre ai ripari sul disegno di legge del senatore Amidei (confratello d’Italia pure lui) che voleva consentire l’uso del fucile da caccia ai sedicenni, convincendolo tra qualche borbottio e un paio di sacramenti rodigini doc a ritirarlo.

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