Disastro Meloni, disattese le promesse fatte in campagna elettorale

di Andrea Follini

La manovra 2024 del Governo Meloni è passata come prima legge di bilancio totalmente pensata dalla maggioranza di centro destra, senza risentire di alcun influsso del governo precedete, come avvenne invece lo scorso anno. Un provvedimento che, da più voci, è stata definita priva di visione, senza respiro; quasi un atto dovuto, senza alcun guizzo di novità economica. Si dirà che l’opposizione deve fare il suo mestiere, ma certo non si può dire che questa legge di bilancio sia strutturata in modo avveniristico o che risponda senza remore alle necessità di un Paese in profonda fibrillazione. In soldoni, chi si aspettava un mix di creatività meloniana e di serietà giorgettiana, è rimasto deluso. Come delusa è rimasta l’Europa, visto che da Bruxelles è arrivato con chiarezza il segnale della necessità di rivedere, in primavera, i fondamentali di questa manovra, non rispondendo la stessa ai dettami europei, prima tra tutti la necessità di contenere il debito che, superbonus o meno, non alberga certo in questa finanziaria. Vedremo quindi modifiche (qualcuno da Palazzo delle Finanze dice saranno anche pesanti) e a breve e capiremo quali saranno i settori nei quali il Governo deciderà di intervenire. La legge di bilancio è decisamente l’ossatura di ogni azione di governo; modificarla significa darsi nuovi obiettivi, contenerli o ampliarli. Nel contesto economico generale, italiano ed europeo, non ci si dovrebbero certo aspettare chissà quali politiche di sviluppo; anzi, facendo il paio anche con i nuovi criteri di contenimento della spesa previsti dal patto di stabilità, sarà più facile leggere di incombenti restrizioni. Situazione che potrebbe teoricamente essere mitigata dagli effetti del Pnrr qualora si scoprisse che le scelte intraprese su questo fronte avessero portato ad ingenerare quelle positive dinamiche reddituali che finora però non si sono palesate, nonostante i trionfalismi per il susseguirsi delle rate di pagamento eseguite dall’Europa. Nella manovra abbiamo visto il Governo fare di necessità virtù e tornare sui propri passi rispetto ai proclami elettorali sui quali ciascuna delle forze politiche di maggioranza aveva raccolto i propri consensi: sulle pensioni, si è riusciti a peggiorare (e di molto) le condizioni di coloro che decidessero di ritirarsi prima del tempo, pur avendone i requisiti, mandando all’aria mesi e mesi di denigrazione della legge Fornero (nonché della stessa ex ministra). Sui benefici per le imprese, il risultato si potrebbe definire “non pervenuto”, con numerosi mal di pancia che iniziano ad emergere tra le categorie, non ultima Confindustria, il cui Presidente aveva già bollato la manovra in novembre come “fatta male e che non affronta alcun problema delle imprese”. Ma gli industriali non sono gli unici scontenti; chi sognava il blocco dei porti, la fine degli sbarchi dei migranti lungo le nostre coste, la fine dell’immigrazione, si trova a leggere che gli sbarchi sono stati quest’anno 155 mila, contro i 103 mila del 2022 ed i 67 mila del 2021 (fonte Ministero dell’Interno). E viene anche da chiedersi: dove sono quelle sbandierate riforme che costellavano le dichiarazioni del governo neo eletto? Nordio è sparito dai radar, come la sua riforma della Giustizia; il pubblico impiego, sempre nel mirino di queste forze politiche perché incarnazione del lassismo e dell’inefficacia, non vede il suo ministro Zangrillo battere chiodo da tempo, tanto che molti si chiedono se sia ancora nel governo. E queste due riforme avrebbero dovuto essere il cardine delle modifiche strutturali richieste al Paese dall’Europa, affiancandole agli investimenti del Pnrr (tralasciando solo per un attimo – e per pietà – gli investimenti per il rilancio del turismo made in Santanché, il cui unico merito è stato quello di far prendere aria all’avatar della Venere del Botticelli). Ma di fronte a questi verba non facta, come reagisce l’italiano politico medio? Si indigna, protesta, cambia riferimento politico? Sembrerebbe di no, a leggere i sondaggi Youtrend di fine d’anno. Fratelli d’Italia, primo partito dell’italico stivale, perde l’1,5% rispetto ad un anno fa ma si attesta al 28,8%; la Lega all’8,8% perde lo 0,2% rispetto al dicembre 2022; 0,2% che guadagna Forza Italia, portandosi al 7,1. Come a dire che, nonostante una rivisitazione delle promesse elettorali, l’italiano, sostanzialmente alle urne resta inerte e tira dritto, un atteggiamento che parrebbe ai più davvero inconcepibile. Ma tant’è e con questo bisognerà fare i conti. In un 2024 dove gli appuntamenti con il consenso saranno importanti e per alcuni versi decisivi. Si pensi al voto per le europee che disegnerà il futuro prossimo dell’Unione, attaccata da più parti in Europa dai sovranismi della destra, ma anche alle amministrative di giugno in Italia, dove si rinnoveranno quasi la metà dei consigli comunali, anche in diverse città capoluogo di regione. Ci dovremo preparare.

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