Meloni è molto invadente ma per i magistrati il silenzio è d’oro

di Nauilus

La vicenda dei Centri per migranti in Albania è una storia con tante storie dentro ma attraversate da un filo rosso che racconta bene questi nostri tempi: alle autorità di garanzia non crede più nessuno. Neppure chi ne fa parte. Dicevamo, tante storie in una sola storia. Anzitutto la decisione di istituire i Centri: a distanza di mesi resta poco motivata. Perché trasferiamo quei poveri cristi là per operazioni burocratiche che potremmo svolgere qui? Seconda storia: la baruffa tra il governo e i magistrati che hanno eccepito nell’uso della procedura accelerata per migranti che non provenendo, secondo il Tribunale civile di Roma, da Paesi sicuri, non potrebbero tornarci. Anziché eccepire sulla decisione, esponenti di primo piano del governo hanno lanciato invettive contro la magistratura in generale: “Toghe rosse!”. Terza storia: le chat dei magistrati, nelle quali alcuni di loro esprimono apprezzamenti politici molto marcati nei confronti del governo. La prima anomalia è stata sanata, diciamo così, dal decreto del governo, che ha “blindato” i Paesi cosiddetti sicuri e per l’esecutivo c’è da sperare che non affiorino nuovi dubbi di legittimità. Ma sul campo resta una polemica della Presidente del Consiglio contro le istituzioni che non collaborano col governo, in altre parole che remano contro, perché fanno politica. Gli “antenati” politici di Meloni, quelli di Alleanza nazionale, hanno sempre avuto una cultura di rispetto per lo Stato e per le sue articolazioni, una cultura legalitaria tendente al giustizialismo e dunque l’attacco alla magistratura in sé è una novità. La divisione dei poteri è uscita dal quella cultura politica. Si obietta: la diffusione delle chat, nelle quali alcuni magistrati si cimentano in apprezzamenti negativi nei confronti del governo, dimostrerebbe che Meloni ha ragione. E se avessero torto entrambi? Il governo che delegittima un altro potere dello Stato e attacca la decisione di una magistrata che non si è esposta, neppure in chat, sul provvedimento che ha poi esaminato. Ma hanno torto anche tutti quei magistrati, dei quali non dovremmo mai sapere l’orientamento politico. Per i magistrati il silenzio è d’oro.

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