Manovra: niente di buono sul fronte sanitario

di Daniele Unfer

È tra le priorità dei socialisti. E uno dei temi lanciati dalla Festa dell’Avanti! di Bologna, dove sono stati illustrati i punti programmatici del Psi. Tra questi, la sanità. Uno slogan ne sintetizza i contenuti: no alla Sanità SpA, attraverso l’eliminazione della normativa sui piani di rientro finanziari per le aziende sanitarie e gli ospedali. Un’esigenza che con questo Governo diviene ancora più forte e urgente. La legge di stabilità del 2016 ha spinto la sanità nella direzione “dell’efficienza economica” a discapito dell’efficienza della prestazioni, sacrificando i presidi ospedalieri delle periferie, che di volte in volta sono stati chiusi. Fu introdotta, infatti, la tagliola dei piani di rientro per i presidi ospedalieri che presentano un disavanzo finanziario del solo 7%. Così in tutte le Regioni sono stati chiusi reparti e presidi ospedalieri privando le persone fragili della possibilità di curarsi. Il punto è che non si può applicare una logica aziendale nella gestione della salute pubblica. Sulla salute non si risparmia, anzi si investe perché è un valore costituzionale che deve essere difeso. Invece con i numeri scritti nella manovra del Governo Meloni si fa un passo indietro di dieci anni. Si torna direttamente al 2014 quando il rapporto tra la spesa per il servizio sanitario nazionale e il Pil si era fermato al 6,4%. È lo stesso livello fissato dal Governo Meloni per l’anno prossimo. Un valore più basso sia della media Ocse che dei Paesi dell’Unione europea. Sono 13 i Paesi Ue che in percentuale del Pil investono più dell’Italia, con un gap che va dai +4,1 punti percentuali della Germania (10,9% del Pil) ai +0,3 dell’Islanda (7,1% del Pil). Una manovra che si propone di essere equa dovrebbe aumentare questa percentuale, non abbassarla, come si fa in Italia, con un taglio mascherato che la Premier ha provato a coprire con la narrazione dei 3 mld in più stanziati nella legge di bilancio. Di questi soldi 2,3 miliardi, quindi la quasi totalità degli aumenti, sono destinati al rinnovo dei contratti collettivi di settore. Un incremento che non tiene il passo con l’inflazione e segna una diminuzione della spesa in rapporto al Pil. Inoltre ci viene raccontato che l’inflazione sta scendendo. Nulla di più falso. Sta rallentando l’accelerazione dei prezzi. Gli aumenti meno forti di questi mesi si sommano a quelli fortissimi dello scorso anno, ma sempre di aumenti si tratta e vanno ad erodere anche gli investimenti, in questo caso, sulla sanità. Ma nella manovra c’è un’altra sorpresa a danno della sanità collettiva: le disposizioni per aumentare i fondi da usare per acquistare servizi dalla sanità privata oltre a una misura che sopprime gli incentivi alle farmacie per la vendita di farmaci generici, meno cari, a vantaggio delle grandi case farmaceutiche e a svantaggio dei conti pubblici ma soprattutto delle tasche dei cittadini.

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