di Redazione
C’è molta attenzione da via XX Settembre nel ricercare la parole giuste, perché una sbavatura semantica, un fraintendimento, potrebbero creare tensioni sul piano economico capaci di innescare, a caduta, ripercussioni incontrollabili. Ecco perché, in vista degli appuntamenti autunnali con la costruzione della legge di bilancio, si definisce la situazione “seria ma sotto controllo”. Sta di fatto che non sarà semplice per il governo districarsi tra la necessità di dare risposte alle promesse elettorali e creare quelle politiche economiche rigorose che non facciano precipitare il Paese in una crisi profonda, possibilità sulla quale più volte l’Ue ci ha messo in guardia. Pende su tutto la spada di Damocle della procedura di infrazione per debito eccessivo, comminata all’Italia da Bruxelles. Alla quale si somma la necessità di rientrare nei parametri del patto di stabilità, senza giocarsi, ancora una volta, la carta dei Comuni, secondo l’antica logica che sia meglio far tirare la cinghia localmente che su scala nazionale, magari poi intervenendo in situazioni “amiche” per dare invece un po’ di sollievo a casse locali che languono. Una matassa piuttosto ingarbugliata quella che si trova a gestire il ministro Giorgetti, che ha necessità di essere sciolta a breve. Di questo (e di molto altro) devono aver parlato Meloni, Salvini e Tajani (quest’ultimo in collegamento telefonico) nell’incontro informale di qualche giorno fa in Puglia, nella masseria dove la Premier stava trascorrendo qualche giorno di vacanza. Tra Ius scholae, nomine Rai e commissario europeo, una parentesi sui conti, motore di tutta l’attività politica, non può essere mancata. Le difficoltà sono comunque evidenti, e sicuramente il tema sarà oggetto anche del consiglio dei ministri di fine mese, in vista inoltre dell’incontro politico/organizzativo a tre tra presidente del consiglio e vicepresidenti, già indicato per il 30 agosto. Anche perché in ballo c’è la necessità di “fare cassa”, e non è peregrina l’ipotesi di un collocamento sul mercato di ulteriore debito, anche con formule innovative rispetto al recente passato, che possano in qualche modo solleticare i risparmiatori. Evidente che questa opportunità sposterebbe soltanto in avanti nel tempo la necessità di un riordino più radicale delle nostre finanze. Ma, come siamo ormai da tempo abituati a vedere, la politica è spesso rivolta al pensare all’oggi, più che al domani; figuriamoci al dopodomani. Già sappiamo che all’orizzonte c’è il debito del Pnrr (tanti, ma proprio tanti soldi) di cui in futuro ci si dovrà far carico; in più ci sono le scadenze delle collocazioni sul mercato del debito pluriennale. Aggiungere altra “carne al fuoco” per coprire le esigenze di oggi, significa ipotecare seriamente il futuro dei nostri figli. Specie se non si attuano politiche di investimento tali da ingenerare nuovo e positivo reddito. Questa applicazione virtuosa del debito, si è visto anche di recente ed ancor più con molte delle scelte sui finanziamenti Pnrr, non è alla base delle scelte politiche attuali. La carta della riduzione della spesa è l’altra ipotesi da mettere in campo, ma è evidente che per il governo in questo caso sarebbe necessario agire creando diversi mal di pancia, sia tra le categorie che tra i sindacati; scontentare tutti non crediamo sia nelle priorità dell’agenda politica di questo governo. Attendiamoci quindi una legge di bilancio, in qualche modo, fantasiosa, dove sarà necessario estrarre dal cilindro più di qualche coniglio per dare piena copertura alle necessità del Paese, ricercando nel contempo quel rigore che ci viene richiesto per poter restare al tavolo dei grandi.