Manovra: il governo si accanisce con gli italiani in difficoltà

di Andrea Follini

Decreto fiscale e legge di bilancio sono i due focus sui quali si sta concentrando l’attività parlamentare in queste ultime settimane prima delle vacanze natalizie. Nell’intento della maggioranza, tutto il pacchetto deve essere approvato nei tempi previsti, ossia tra la metà di dicembre e Natale. I lavori in commissione stanno procedendo, anche se l’occasione è stata propizia per qualche stoccata tra i partiti della maggioranza, tra Forza Italia e Lega in particolare, manifestando quindi quanto l’apparente concordia nasconda in realtà tensioni sempre meno sanabili, tra una parte del governo a vocazione moderata ed una destra più ancorata ad un nazionalismo populista. La manovra che comunque vedrà la luce entro la fine dell’anno, entrerà in ogni caso a gamba tesa nelle dinamiche quotidiane di famiglie ed imprese. Nell’attesa della diminuzione delle tasse, sbandierata come un mantra ad ogni occasione da tutti i portavoce di partito delle destre, la manovra intanto andrà a diminuire le previsioni di trasferimento ai comuni, tagliando la possibilità di garantire ai municipi il pieno turn over occupazionale. Cosa che si trasformerà in una diminuzione della qualità e della celerità dei servizi all’utenza. Questo, unito al riapparire sulla scena economico/finanziaria degli Enti locali del patto di stabilità, sebbene rinnovato, sull’applicazione del quale l’Italia ha ottenuto da Bruxelles, come per altri Paesi, di spalmare il percorso di rientro in sette anni anziché in quattro. Il rispetto del patto di stabilità non sarà comunque certo un toccasana per i sindaci, che infatti hanno già cominciato a protestare. Il primo cittadino di Napoli Gaetano Manfredi, neo eletto presidente dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia, parla già della necessità di agire con emendamenti al testo della manovra in discussione, che eliminino la norma sul blocco al 75% delle assunzioni sui cessati dal servizio, venga rivisto il modello della perequazione delle risorse ai Comuni, realizzato più di quindici anni fa, per renderlo più efficace ed adeguato ai tanti cambiamenti intervenuti. E ancora l’introduzione di maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse di parte corrente(le spese per i servizi ai cittadini) ed il ripristino dei contributi agli investimenti, che risultano azzerati nel testo della manovra. Sugli investimenti, in particolare, appena sarà esaurita l’onda lunga dei finanziamenti voluti dal Pnrr, per i Comuni, le province e le Città metropolitane, sarà il “game over”. Tagli dovrebbero riguardare pesantemente, come ampiamente annunciato dal ministro Giorgetti, anche la gestione dei ministeri. Qui i veti incrociati potrebbero essere però molti; è noto come tutti i ministri richiamino alla necessità di un contenimento della spesa, salvo poi dichiarare le spese del proprio dicastero come improcrastinabili. Il settore delle imprese edilizie, dopo l’euforia del 110% e gli investimenti legati al Pnrr, sentiranno i primi scricchiolii. Sono previste forti riduzioni ai bonus sulle ristrutturazioni delle abitazioni che si fermeranno al 50% e riguarderanno solo le prime case, con una ripartizione in dieci anni ed un tetto di 96mila euro. Sull’industria dell’automotive, forse non serve nemmeno un approfondimento: gli scioperi del settore, che non riguardano peraltro nemmeno solo il nostro Paese, sono una cartina di tornasole efficace per descrivere la situazione di tutto il comparto. Le famiglie poi si troveranno a dover gestire non solo una riduzione dei servizi, ma anche tariffe meno convenienti, specie nelle utenze energetiche, dopo il ripristino delle aliquote Iva pre covid. Sul settore sanitario, abbiamo già più volte indicato, dalle pagine di questo giornale, come i fondi messi a disposizione siano assolutamente insufficienti a garantire l’universalità di una sanità pubblica che dovrebbe invece essere completamente rivista nella sua articolazione territoriale soprattutto, potenziata ed efficientata; a partire da una nuova attenzione verso il personale sanitario. Poco incisiva questa manovra anche in un altro tassello importante per la crescita ed il futuro del Paese, cioè sull’istruzione, dove non sono all’orizzonte investimenti significativi, anzi si prevedono tagli con conseguente aumento del numero degli insegnati precari. Una manovra quindi nel suo complesso che cristallizza alcune scelte già compiute negli anni precedenti (quelle sul cuneo fiscale, ad esempio) ma conta più a razionalizzare che a creare sviluppo, a stimolare la crescita, a migliorare il welfare. “Basta agli sprechi” è il motto di Meloni; ma questo slogan sembra essere più la rincorsa ad una giustificazione che un buon proposito. Ha fatto molto discutere anche la mini rivalutazione delle pensioni minime, provvedimento nel quale l’aumento per il 2025 di 3 euro sembra più una presa in giro che altro, ma fotografa davvero bene l’efficacia che si presta ad avere questo provvedimento nel migliorare la condizione generale degli italiani. Resta la necessità che le opposizioni a questo Governo restino saldamente unite nell’intento di proporre una narrazione diversa, di ben più ampio respiro; questo serve al Paese. La strada è quella che anche il segretario del Partito Socialista Italiano Enzo Maraio, dal palco del congresso di Europa Verde tenutosi a Chianciano la scorsa settimana, ha indicato, in sintonia con gli altri leader del centro sinistra: sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politica industriale e conversione ecologica, diritti. Questi i filoni sui quali è necessario focalizzare il lavoro unitario; i punti che la segretaria del Pd Elly Schlein ha invitato ad approfondire e su cui tutte le forze di opposizione dovranno lavorare se vogliono diventare alternativa di governo. Punti necessari per costruire la ripresa del Paese. Ben altro quindi, rispetto alla manovra proposta sarebbe servito; una maggiore attenzione alla condizione di difficoltà delle classi più povere, maggiori investimenti nell’efficientamento della Pubblica Amministrazione, una più qualificata attenzione alla sanità pubblica ed alla scuola, un diverso e più efficace sostegno all’impresa capace di generare occupazione stabile, una ripresa di speranza per quella classe media vero motore da sempre del nostro Paese e della quale questo governo sembra essersi dimenticato.

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