Lo strano filo che lega l’Argentina e l’Italia

di Nautilus

Il nuovo Presidente della Repubblica Argentina ha promesso ingenti privatizzazioni e al momento nessuna persona dotata di buon senso è in grado di sapere se la ricetta salverà o affosserà quel grande Paese che per metà è abitato da discendenti di italiani. Curiosamente l’intento del Presidente Milei, coincide con un analogo venticello che spira dalle nostre parti: le risorse scarseggiano e vendere qualche ex gioiellino di Stato potrebbe far cassa. Per ora tutto quel che si muove rientra tra le dismissioni fisiologiche. Ovviamente lo è il decollo di Ita verso lidi tedeschi e altrettanto ineluttabile quel che si sta preparando per Monte dei Paschi di Siena. Il Ministero del Tesoro è riuscito ad avviare la vendita del Montepaschi, dopo anni di tentennamenti costati molto denaro pubblico: dietro le incertezze c’era il desiderio di tenere sotto controllo la banca da parte dei politici locali dominati dalla sinistra post-comunista, oltre alla difficoltà di trovare acquirenti. Ora, dopo un cospicuo dimagrimento la più antica banca del mondo può essere collocata sul mercato, anche se alla fine lo Stato quasi certamente perderà circa una metà dei soldi investiti per tenerla in vita. Alitalia e Monte dei Paschi sono il simbolo della malagestione pubblica nel nostro Paese, del costo abnorme di un certo clientelismo ed è bene che, attraverso la loro alienazione, lo Stato non continui a dissipare, gettando al vento altri soldi pubblici. Ma le privatizzazioni mirate non possono significare l’avvio di una ostilità verso lo Stato che presidia i servizi essenziali. In questi anni si è avviata una privatizzazione strisciante della sanità pubblica. Sappiamo bene come funziona questo meccanismo: nulla che dia nell’occhio ma piuttosto un cedimento opaco. Si pensa di far avanzare ancora la sanità convenzionata? E ancora: l’annuncio di privatizzazioni per 20 miliardi fino al 2026 fatto dal governo suggerisce due domande. È davvero possibile raggiungere una cifra simile nell’arco di tre anni? Quali quote sarebbe meglio cedere in una situazione di mercato come l’attuale? Per ora mancano le risposte ma tener vive le domande è compito di chi ha ancora a cuore la cosa pubblica.

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