Argentina, un taumaturgo conquista una democrazia già fragile

di Bobo Craxi

Non è una esperienza nuova quella che sta vivendo l’Argentina. Ovvero l’ascesa al Palazzo Presidenziale di una figura politica che affonda le sue radici nel populismo più spinto sostenuto da una becera verve polemica. È nuovo tuttavia il percorso che ha portato Xavier Milei alla carica più alta della democrazia del Paese sudamericano amico; egli si era contraddistinto come economista polemista ed aveva affiancato lo stesso suo sfidante, il peronista di sinistra di origine italiana Sergio Massa, durante il suo mandato al Ministero dell’Economia. Poi Milei si è messo in proprio, ha fondato un partito ultra-liberista con venature evangeliche, si è auto-definito “anarco-capitalista” ed ha avviato una sua avventura elettorale, culminata con il successo che lo vede alla guida del paese. La piattaforma programmatica non è né più né meno quella che da un decennio a questa parte ha contraddistinto le nuove destre che si saldano in tutto l’Occidente. Non è infatti un caso il primo congratularsi del successo di Xavier sia stato Donald Trump. Se la ricetta di base è fondata sulle idee ormai trapassate del liberista per eccellenza che fu Milton Friedman, allergico a qualsiasi intromissione dello Stato nella vita dei cittadini, Milei rilancia la scelta politica di “dollarizzazione” della moneta Argentina; misura che si presta ad essere definita un arma a doppio taglio e che inevitabilmente farebbe cessare la sovranità economica del Paese. Milei inoltre ha sviluppato una potente offensiva anti-politica in chiave argentina, una campagna contro i privilegi dei politici e la corruzione che fa leva sulla indignazione popolare nei confronti del dominio politico che i peronisti di sinistra hanno avuto per oltre un decennio. Moglie e marito Kirchner, padroni assoluti della scena politica, poi sostituiti da una destra deludente. La situazione del Paese è ordinariamente tragica: alta inflazione, disoccupazione, insicurezza, basso livello di istruzione. Saldo è lo spirito nazionale; la vittoria calcistica ai mondiali di calcio fu una grande manifestazione di orgoglio della nazione sudamericana dove vivono milioni di oriundi italiani. Ma la condizione fragile della sua democrazia ancora segnata dalla triste parentesi della dittatura dei militari, la fanno ciclicamente precipitare nel baratro dell’incertezza politica ed economica. Quindi ci si affida ad un altro taumaturgo che ha nel suo carnet programmatico tutti i presupposti affinché il Paese si diriga verso una radicale divisione. Lo sconfitto Massa ha avuto parole di grande responsabilità, riconoscendo la vittoria di Milei. Verrà ricordato questo Presidente come l’uomo che ha introdotto la motosega in una campagna elettorale. Eccessi sociopatici che tuttavia evidentemente incontrano il favore di coloro che pensano alla figura politica che vendica i diseredati ed i bistrattati delle società diseguali e minate dalla povertà e disperazione. Sono le avventure della nuova destra mondiale che si fa sempre più aggressiva ed è sempre di più collegata sul piano internazionale. Come dimostra la recente liaison fra il nostro premier Meloni e l’ultradestra spagnola. Quest’ultima resasi protagonista delle settimane di indignazione ed aggressione nei confronti delle sedi socialiste in Spagna, protestando contro il varo del Governo Sanchez che ha in animo di pacificare la nazione dopo gli anni del contrasto con l’insorgenza separatista catalana. Un incubo di irrazionalità e di demagogia attraversa diverse latitudini del pianeta; un nuovo ed inquietante richiamo che affascina milioni di persone come avvenne all’inizio dello scorso secolo. La democrazia sembra avere perso il senno ed avere stortato il proprio legno.

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