di Giada Fazzalari
Hanno scioperato medici e infermieri. Protestano per i contratti di lavoro a cui vengono assegnati fondi insufficienti. Protestano i sindacati, Cgil e Uil con il sostegno di partiti, associazioni e movimenti. Protestano contro le misure inique della manovra di bilancio, che lascia indietro le persone che non ce la fanno ed esclude gli aiuti ai lavoratori. Protestano i ragazzi, che si battono per una Palestina libera dalla schiavitù. Protestano gli studenti, per il futuro incerto che li attende. C’è un nuovo moto, in rivolta, che si muove scendendo nelle piazze. Cosa è la “rivolta sociale”? L’espressione usata da Landini, e che ha provocato reazioni da una parte indignate e dall’altra di approvazione, ha davvero il contenuto eversivo che la destra gli ha voluto attribuire? O è la semplice descrizione dell’attitudine maturata in strati sempre più vasti del popolo, insofferenti del calo inarrestabile della qualità del vivere? La maggioranza degli italiani è fatta da gente che lavora e che si rende conto di come lavoro e sacrifici rendano sempre di meno: crescono le rinunce, dilagano la povertà e l’insicurezza, curarsi diventa sempre più difficile, avere dei sogni è un azzardo, esprimere idee contrarie al governo espone ad attività poliziesche intimidatorie e ritorsive, come è accaduto al cittadino fermato per identificazione dopo aver gridato, alla Scala, “viva l’Italia antifascista”. Chi ha figli al liceo rischia di vederseli tornare a casa coi segni delle manganellate dei celerini per avere manifestato come sempre hanno manifestato tutti i ragazzi. Gli stipendi sono fermi, le pensioni sono ferme, la legge di bilancio promette tagli, mentre un 3 o 4 per cento degli italiani prospera su extra-profitti e sostanziali franchigie fiscali. In questo scenario la rivolta sociale non è eversione, è una conseguenza inevitabile. L’ultimo sciopero degli autoferrotranvieri, pochi giorni fa, ha raccolto un’adesione pressoché totalitaria. Vanno in piazza tutti: operai, medici, ferrovieri, impiegati. Anche la Polizia Locale. E votano contro il governo, in Emilia-Romagna e in Umbria. Il popolo non vuole barricate e roghi nelle strade, ma non crede più a chi governa. E cerca un’alternativa. È una rivolta pacifica, ma è una rivolta.