di Giada Fazzalari
Vogliamo un’Italia Libera e Indivisibile. Una. Questo è stato il patto, e la missione, di tanti patrioti (termine poi abusato e saccheggiato dalla destra) dai primi decenni dell’800, lungo tutto il Risorgimento, fino alla Grande Guerra e fino alla Resistenza. I socialisti hanno creduto, fin dalla prima loro presa di coscienza, che la libertà non potesse essere disgiunta dalla loro unità, dalla loro appartenenza a un unico Paese, a una comunità fatta di diritti e opportunità uguali. “Io credo che il socialismo, ma il socialismo espresso dalla formula «Libertà e Associazione», sia il solo avvenire non lontano dell’Italia e forse dell’Europa” scriveva Carlo Pisacane nel suo testamento politico, il 24 giugno 1857. E allora sia chiaro: non vi è progresso senza uguali opportunità per tutti. Lo hanno ribadito i Padri costituenti con l’art. 5 della nostra legge fondamentale, che promuove e tutela le autonomie ma in un quadro di unità della Repubblica. Cosa c’entra, allora, con la nostra storia, con la nostra Costituzione, l’autonomia differenziata? La risposta è semplice: niente. Una risposta che avremmo potuto sentire dalla voce di Costa, Turati, di Matteotti, di Nenni, di Saragat, di Bettino Craxi. Il socialismo italiano è stato risorgimentale. Ha saldato all’ideale della rivoluzione sociale quello della rivoluzione politica verso l’unità delle persone. Oggi, gli italiani si ritrovano governati da una destra che, coerentemente con la sua collocazione politica europea, lavora per spaccare l’Italia come lavora per sfasciare l’Europa. L’“autonomia differenziata” è la negazione dei principi di eguaglianza e solidarietà che sono stati il motore del grande processo di unificazione nazionale. La destra nega due secoli di storia italiana, calpesta la Costituzione nata dalla Resistenza e, soprattutto, ricaccia gli ultimi indietro di quasi un secolo. Un parlamento che ha votato un simile insulto agli italiani, potrà forse avere una legittimazione giuridica (forse: lo decideranno gli italiani col voto referendario) ma certo non ha alcuna legittimazione politica e storica. Noi, come cento e duecento anni fa, siamo pronti a tornare sulle barricate per un’Italia unita, libera, indivisibile e giusta. E non molliamo di un centimetro: lo dobbiamo alla nostra storia di socialisti. Ma soprattutto al futuro che ci attende.