L’Europa piegata dal giustizialismo

di Livio Valvano

Tutti “corrotti”, oppure “un complotto” o una “storia romanzata. Questi potrebbero essere i commenti più probabili per sfuggire allo sforzo di comprensione del travaglio che l’istituzione Europa ha vissuto nell’ultimo anno. Il Qatargate ha inferto un duro colpo all’Europa, alla sua credibilità come istituzione promotrice di libertà, pace, solidarietà e sviluppo, finalità che rappresentano l’energia fondatrice dell’Unione. Un danno di credibilità enorme, che se non ci allontana dal visionario progetto degli Stati Uniti d’Europa, sicuramente non lo favorisce. Se si fa lo sforzo di comprensione della vicenda giudiziaria, invece, ci si trova di fronte ad elementi indiziari che potrebbero convincerci dell’esatto contrario e, cioè, che “l’Europa unita fa paura a più di qualcuno, è una barriera agli interessi egoistici di altri Paesi che vorrebbero vederla indebolita.”L’Europa poggia su ideali liberali e su principi democratici. Questa che è la sua forza, però è anche il suo tallone di Achille, rispetto a sistemi autocratici come la Russia di Putin, o i Paesi Arabi. Colpire autorevolezza e credibilità della politica alla guida delle istituzioni europee è quanto di meglio possono aspettarsi gli avversari dell’Europa unita. Un’inchiesta giudiziaria per corruzione, coinvolgente esponenti delle funzioni istituzionali, è sempre il “fatto accidentale più desiderato” dai nemici. Lo è soprattutto per un sistema democratico quando capita al momento giusto. Ecco che iniziano a sollevarsi i primi interrogativi: inchiesta e arresti di parlamentari europei subito dopo l’invasione Russa dell’Ucraina? E perché il Qatar, proprio in questi anni di massima vitalità diplomatica internazionale di questa penisola dei Paesi Arabi che si affaccia sul Golfo Persico? Una superficie simile a quella della Basilicata, con una popolazione di 2,7 milioni di abitanti, il Qatar è il Paese con il più alto Pil pro-capite al mondo. Membro della Lega Araba, il Qatar che certamente non può essere definito una democrazia, con le sue ambigue relazioni diplomatiche si è trasformato in una sorta di “apriscatole” dell’istituzione Europa. E il ruolo dei servizi segreti di Stati estranei all’Europa, nell’inchiesta che ha fatto esplodere lo scandalo culminato con gli arresti della Vice Presidente del Parlamento Europeo, Eva Kaili, moltiplica gli interrogativi. Sospetti che si intensificano per l’ipotetico coinvolgimento dei servizi emiratini, Paese storicamente avversario del Qatar. Singolare anche la conduzione dell’inchiesta da parte del pm Michel Claise, successivamente dimessosi per incompatibilità a causa del potenziale conflitto di interessi determinato dai rapporti di affari del figlio con altra persona coinvolta nelle indagini, anche se “casualmente” non sottoposta a misure cautelari. Oggi l’inchiesta, ancora ferma nella fase preliminare, priva di provvedimenti di rinvio a giudizio, si trova in una fase di stallo. Alle dimissioni del primo giudice istruttore è seguito il trasferimento ad altri uffici del suo sostituto e la scarcerazione degli indagati principali, imputati di aver promosso la “presunta corruzione” per ottenere, in favore del Qatar e del Marocco, particolari attenzioni da parte della politica dell’Unione. Un’accusa palesemente ambiziosa, probabilmente lontana dalla realtà considerata la cerchia ristretta degli indagati, in rapporto alla complessa articolazione delle istituzioni europee. Agli atti resta il potente clamore mediatico, planetario dell’inchiesta, la perdita di fiducia dei cittadini e il teatrale epilogo della vicenda personale del giudice in pensione Michel Claise che ha promosso l’inchiesta e che all’inizio di gennaio ha annunciato la sua candidatura alle prossime elezioni politiche in Belgio, che si terranno in giugno. Ogni mondo è paese, si direbbe da noi e così anche nel cuore dell’Europa “l’olio di ricino” dell’inchiesta giudiziaria, interpretata per finalità politiche, ha alimentato l’eterno confronto tra giustizialismo e garantismo. Protagonista involontario e incolpevole (secondo il nostro punto di vista) è l’euro deputato Andrea Cozzolino (Pd) che per la prima volta è intervenuto in un evento pubblico in occasione della Convenzione del Psi che si è tenuta a Roma il 27 gennaio 2024. È d’obbligo rincarare la dose: Andrea Cozzolino non solo è incolpevole ma è “innocente” fino a prova contraria, sicuramente fino all’emanazione di una eventuale sentenza, dopo un eventuale giudizio visto che, fino ad oggi, non è stato neanche rinviato a giudizio. Ma a parte la vicenda umana di una persona in carne e ossa (vittima di uno violento scontri tra poteri), i fatti accaduti appaiono sintomatici della debolezza delle istituzioni europee e delle tensioni che si riversano sulle istituzioni stesse. Indicativa è l’assenza della benché minima reazione da parte del Parlamento Europeo. L’Europa vista dall’esterno fa paura a diverse entità portatrici di interessi confliggenti; entità politiche, come la Russia e la Cina, ma anche gli Stati Uniti, così come non gioirebbero i grandi gruppi economici che nella divisione competitiva tra gli Stati, soprattutto nelle scoordinate politiche fiscali, ci sguazzano. Un’Europa che coordina le politiche degli Stati membri e che progressivamente costruisce i presupposti per l’unificazione politica, federale, darebbe vita a un competitor particolarmente influente e determinante sullo scacchiere internazionale, che non interessa a nessuno. Ma i suoi cittadini?

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