Legge elettorale: Meloni, che pasticcio

di Gerardo Labellarte

Nella recente conferenza stampa di inizio d’anno la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata a parlare di riforma della legge elettorale. Quali siano le sue idee, su questa come su altre materie, non risulta ben chiaro. Proposte che mutano, spesso nel giro di pochi mesi, ma espresse col solito piglio assertivo, ultimativo, come fossero convinzioni granitiche. Si ricordano le durissime intemerate in favore del voto di preferenza espresse in occasione del dibattito sul Rosatellum, nel 2017. Rimane nella memoria un talk show nel quale la nostra eroina, con il cipiglio che la contraddistingue, affermava testualmente che “chiediamo una cosa sola, una. Che vengano reintrodotte le preferenze. Che si dica basta alla vergogna di tre persone che decidono in nome degli italiani i loro rappresentanti e che si dia loro la possibilità di sceglierli, scrivendo un nome”. Nessuna risposta diede in quell’occasione a chi le obiettava di aver votato pochi anni prima, con tutto il centrodestra, il famigerato Porcellum, che non prevedeva alcun voto di preferenza. Del resto la Meloni, compiendo l’ennesima piroetta ma con la medesima veemenza, affermava solo qualche anno dopo, nel 2020, che “oggi chi sostiene il sistema proporzionale è nemico dell’Italia, della sua stabilità, del diritto dei cittadini di scegliersi un governo”. Dunque, il problema non era più il diritto dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti, bensì di scegliere il Governo. Inutile dire che, avendo cambiato idea così spesso e così radicalmente, non c’è da aspettarsi dalla nostra Premier nulla di buono, ma solo l’ennesimo pasticcio guidato dalle convenienze del momento. Del resto, in questa materia, Giorgia Meloni non è stata certo la sola ad essere guidata dai propri calcoli di bottega. Non dimenticheremo certo che lo scopo dell’attuale legge elettorale, il cosiddetto Rosatellum fortemente voluto da Matteo Renzi, era principalmente quello di blindare il bipolarismo, messo in discussione in quel momento dal Movimento Cinquestelle. Peraltro, come spesso avviene in questa materia, le piccole furbizie ottengono il risultato esattamente opposto. Continuano invece a mancare le posizioni chiare e motivate, dettate da scelte di principio e non da presunti vantaggi. Per questo il PSI e la comunità socialista hanno continuato a ribadire in ogni occasione, e di recente con una raccolta di firme, la propria convinta proposta per un sistema elettorale proporzionale con voto di preferenza. Intanto riteniamo che si debba partire da una premessa. Non è affatto vero che questa discussione sia secondaria rispetto agli interessi reali dei cittadini. Essi sono certamente concentrati sulle preminenti esigenze del vivere quotidiano, ma non ignorano che un corretto funzionamento della democrazia è decisivo per la qualità della risposta a tali esigenze. E’ per questo che, ogni volta che viene chiesto il loro parere, si dichiarano nettamente favorevoli all’unico sistema di voto che consente loro di scegliere il proprio partito e il proprio rappresentante. Una ultima osservazione. Noi non siamo d’accordo con chi, tra essi di recente Romano Prodi, già sostenitore del maggioritario con collegi uninominali, si dichiara ora possibilista sul ritorno al voto di preferenza in quanto “tutto è meglio del Rosatellum, almeno darebbe libertà di scelta all’elettore”. Il voto di preferenza non è il meno peggio, ma è ciò che serve al nostro Paese per ridare al Parlamento il ruolo centrale che ha perso in questi anni.

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