Le norme anti-ribaltone di Meloni? Illusionismo

di Nautilus

La retorica è una compagna eterna della politica, così come lo sono la demagogia e la propaganda. Mentre invece la falsificazione spudorata, costante e ripetuta, è una prerogativa (bipartisan!) di questa stagione politica e ora ci sta cascando anche un personaggio come la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che ha tanti limiti politici, ma non ama farsi prendere in castagna su palesi falsificazioni.
Decantando le lodi della proposta di riforma costituzionale incentrata sul premierato la presidente del Consiglio insiste molto sulle norme anti-ribaltone: in caso di crisi, l’incarico di formare il governo “può essere affidato al presidente dimissionario o ad un altro parlamentare eletto in collegamento col presidente eletto”. Ma è davvero un norma anti-ribaltone? A freddo e senza retorica vediamo di cosa si tratta. Immaginare il cambio di governo come un delitto politico è un approccio obiettivamente populista, clamorosamente smentito dalla storia: i governi Fanfani che dall’estate 1960 presero il posto del governo Tambroni sono tra gli esecutivi più riformisti della storia italiana. Il governo Ciampi del 1993, così come quello Monti nel 2011, salvarono l’Italia dalla bancarotta o da una prolungata crisi finanziaria che, come è noto, è sempre classista perché colpisce i redditi più deboli. In questi giorni nessuno ne parla ma il caso più eclatante riguarda la “staffetta” forzata tra Romano Prodi e Massimo D’Alema nel 1998. Si è scritto e discettato a lungo su quel cambio, ma è del tutto evidente che, se la riforma Meloni allora fosse stata operativa, l’avvicendamento sarebbe stato perfettamente legittimo. Un cambio che fu vissuto da una parte consistente dell’opinione pubblica di sinistra e di destra come un ribaltone forzato: difficile dire se sarebbe stato meglio, per gli italiani, procedere verso elezioni anticipate, visto che un socio decisivo di maggioranza, Rifondazione comunista, si era sfilato. Ma una cosa è certa: il ribaltone fu possibile perché le regole costituzionali di allora lo consentivano e, ecco l’imbroglio, lo consentirebbero anche domani a riforma costituzionale approvata.

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