A Gaza l’umanità si è spenta.

di Giada Fazzalari

Dodicimila morti, dei quali, quasi la metà sono bambini. Oltre trentamila feriti e tremila persone disperse sotto le macerie. Non c’è più una goccia di carburante, a Gaza City, che serve per le ambulanze, per le pompe d’acqua, per tenere in funzione gli ospedali. I bombardamenti nei pressi dell’ospedale di Al-Shifa si sono intensificati e gli operatori sanitari non sono più in grado di seppellire i corpi. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha annunciato che l’ospedale Quds a Gaza non e’ più operativo a causa dell’esaurimento del carburante disponibile e dell’interruzione di corrente. La carenza di ossigeno e di elettricità uccide decine di pazienti ogni giorno, soprattutto i più fragili. Tra le vittime anche medici, giornalisti, operatori di organizzazioni umanitarie. A Gaza si muore anche per mancanza di cibo, acqua, per via delle condizioni sanitarie sempre più carenti. Uno scenario apocalittico, che non ha aperto le porte ad una quanto mai urgente soluzione diplomatica, generata da dialogo e mediazione, nonostante i due popoli abbiano già pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane. Le organizzazioni umanitarie internazionali chiedono un accesso sicuro per portare gli aiuti ai civili, che dovrebbe essere garantito dal diritto internazionale, e un’accelerazione della via diplomatica verso un accordo di pace duraturo e stabile. Esattamente quello che chiedono migliaia di cittadini scesi in piazza in tutto le città più importanti del mondo, da Londra a New York. La comunità internazionale dovrebbe ascoltare quelle voci e quelle delle organizzazioni umanitarie ormai allo stremo. L’Occidente dovrebbe lavorare instancabilmente per spezzare quel legame utilitaristico che lega la destra estrema di Israele e Hamas, come se la ragione di esistere di uno dipendesse dall’esistenza dell’altro. E arrivare a una soluzione politica del conflitto. Mentre le diplomazie di tutto il mondo si muovono con più o meno incisività, intanto a Gaza l’umanità e morta.

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