La rotta dei socialisti verso le europee come “Costruttori di pace”

di Andrea Follini

Quattro mesi alla data del voto per le europee. Mesi nei quali dovremo dire agli italiani il tipo d’Europa che vorremmo, quello per il quale ci batteremo, quello sul quale chiederemo il consenso. Queste elezioni sono molto diverse da quelle del passato perché inserite in un contesto geopolitico nuovo, dove l’Europa è chiamata, mai come adesso, ad essere protagonista. L’invasione dell’Ucraina e la ripresa del conflitto israelo-palestinese sono due momenti chiave nella storia recente del nostro continente, dove la guerra si fa più presente ai nostri confini, si intreccia direttamente con i nostri interessi economici e interroga come non mai le nostre coscienze. Entrambi i conflitti sono accomunati dall’incertezza sul futuro, sugli sviluppi che si potranno avere, sulla malaugurata ipotesi di eventuali allargamenti ad altri territori. Questo che stiamo vivendo in Europa è un contesto geopolitico mutevole anche per le incertezze sulla possibilità che Trump torni alla Casa Bianca, spostando il baricentro degli interessi economici e politici degli USA nel Pacifico e non più in quell’Europa madre dell’Occidente, come da sempre siamo abituati a considerare. Con le prossime elezioni europee potremmo ritrovarci, all’alba del 10 giugno, con un’Unione europea come la vorrebbero le ultradestre, sullo stile di Orban o dell’AFD tedesco. Da “costruttori di pace” – è il titolo della convezione nazionale dei socialisti che si tiene in questi giorni a Roma – noi socialisti sentiamo la necessità, e la responsabilità, di costruire attentamente una seria proposta politica. Una kermesse che riveste una importanza particolare, dove l’apporto di tutti e la condivisione dell’impostazione programmatica, diventano essenziali. Per realizzare un’Europa all’altezza delle sfide che l’attendono, dobbiamo innanzitutto arginare la deriva estremista, populista e razzista che sta caratterizzando molte delle democrazie europee; deriva in controtendenza rispetto al passato, che vira verso un sentimento di inutilità dell’Unione. Nonostante invece proprio nel momento più difficile di questo secolo, solo grazie all’Unione Europea si è riusciti a rilanciare l’economia e contenere la pandemia. Per questo è necessario che le forze progressiste nel nostro Paese lavorino con maggiore unità, consce della pericolosità derivante da una deprecabile deriva estremista che dovesse prendere piede in Europa. Lavorare insieme per accrescere il sentimento europeo nei cittadini, dovrebbe essere l’obiettivo comune. Ecco perché noi socialisti vogliamo un’Unione europea dove i cittadini si riconoscano, che sentano propria e si sentano parte di essa. I punti cardine della nostra visione d’Europa, che prendono corpo grazie alle idee e alla condivisione di valori comuni, sono partecipazione democratica, revisione dei trattati europei, sostenibilità, lavoro e intelligenza artificiale, immigrazione, sicurezza. Aprire ulteriormente alla partecipazione diretta dei cittadini le scelte attuate dalla Commissione europea, consolidare l’Unione a 27 ed anzi ampliare i confini territoriali ad altri Paesi che condividono con noi democrazia, visione comune, tutela della libertà. Prioritario sarà rivedere i trattati in essere: per raggiungere nuovi e più sfidanti traguardi, l’Unione deve darsi strumenti operativi moderni, che siano in grado di rendere più efficace l’iniziativa politica europea. La revisione dei trattati, sia quelli generali, che regolano lo stare insieme dei Paesi aderenti, così come quelli di settore, come il trattato di Dublino o di Schengen, consentiranno di affrontare le problematiche già emerse nel corso degli anni, offrendo risposte efficaci ed attuali. La revisione dei trattati diventa quindi momento fondamentale per una riforma dell’Unione, che è ciò che auspichiamo. Un’Unione che si caratterizzi per accompagnare i Paesi membri nella necessaria transizione ecologica, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e la riduzione degli inquinanti. E ancora, la trasformazione del lavoro; nuovi lavori e nuovo modo di affrontare il lavoro, non riduzione dei diritti conquistati ma riscriverli attualizzandoli, garantendo la centralità delle persone, non il solo profitto: lo sviluppo dell’intelligenza artificiale apre ad orizzonti nuovi e positivi, ma mostra nel contempo lati ancora troppo oscuri. Dopo tutto ciò che è stata la pandemia, non possiamo più farci trovare impreparati: garantire una sanità pubblica, accessibile a tutti, universale (così intesa anche nel territorio europeo) sarà uno dei primari obiettivi, incentivando i nostri ricercatori, con un percorso che offra a tutti pari opportunità e che sostenga poi il merito. Può essere la nostra Europa indifferente rispetto a ciò che succede oltre i suoi confini? Non è più tempo di giudicare l’immigrazione: è tempo di assisterla con strumenti europei, condivisi. Perché i continui sbarchi non sono più un fenomeno straordinario, ma ordinario. Un’Europa unita è un’Europa in grado di interconnettersi, per cui realizzare le reti, materiali ed immateriali, diventa una priorità che deve trovare sostenibilità economica. Infine la sicurezza; dopo quanto successo negli ultimi due anni, con la possibilità per il futuro per l’Europa di trovarsi a gestire da sola situazioni di conflitto intorno a sé, non è più rinviabile l’idea di una forza comune, di una difesa comune, moderna ed efficace, che possa essere strumento, attraverso un coordinamento con le istituzioni internazionali, di pacificazione e di salvaguardia. Questi alcuni dei temi che partiranno dalla convenzione che si terrà a Roma, una fucina di idee, dove è importante la partecipazione di tutti coloro che si sentono pervasi da uno spirito profondamente europeo. Per costruire l’Europa che vogliamo, da condividere con quanti, come noi, hanno a cuore un’Europa unita, forte, solidale.

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