di Bobo Craxi
Gli equilibri europei in bilico e mai come nelle elezioni del 2024; in gioco non è soltanto la riconferma di Ursula Von der Leyen, l’erede politica di Angela Merkel nel campo dei cristiano democratici tedeschi, ma l’orientamento generale che la commissione dovrà e potrà dare di fronte ai nuovi scenari che vedono il mondo in disordine e sul ciglio del baratro bellico. E questo nonostante si sia consolidato nel nostro continente un ampio spettro di forze democratiche che si affrontano con visioni del mondo e dell’Europa assai diverse ma assolutamente convinte della validità e dell’attualità del sistema democratico. La conventio ad excludendum in Europa, ridotte a particelle invisibili le eredità politiche dei partiti di origine comunista, si è concentrata soprattutto sui partiti che rappresentano oggi la nuova stagione del revanscismo conservatore di destra che si spinge in diversi casi (in Ungheria, in Spagna, in Germania, in Polonia, Olanda e infine in Portogallo) ai confini dell’esaltazione del totalitarismo nazifascista. Questa compagnia ha nel ruolo di Giorgia Meloni, presidente del partito “dei conservatori e dei riformisti europei”, il punto più alto di rappresentatività. Benché segnatamente antieuropeista e sprezzante nei confronti dell’euro burocrazia di Bruxelles, Giorgia Meloni ha operato una riconversione “industriale” della propria postura politica ed è diventata una delle alleate più affidabili di Ursula e dell’equilibrio compromissorio su cui si è retta negli ultimi due anni l’Europa che ha affrontato a viso aperto la sfida russa ed ha cercato soluzioni compatibili per governare il problema dei flussi migratori. Ma ad Ursula non basterà il sostegno dell’Italia di Giorgia Meloni e che pure è destinata a mantenere la propria posizione rilevante. Chi si oppone fermamente alla riconferma di Ursula è il presidente della Francia Macron. E non è un caso che abbia fatto asse con il socialdemocratico tedesco Scholtz ed il polacco Tusk per segnare innanzitutto un punto chiaro sulla vicenda Ucraina e per stoppare tentazioni di aperture dei Cristiano democratici tedeschi verso la destra conservatrice o estrema, sensibilità politica peraltro condivisa dal nostro Tajani la cui riconquista di ruolo strategico in Europa ha avuto un riverbero elettorale positivo fra i moderati italiani che stanno gradualmente abbandonando Salvini ed hanno messo sotto osservazione le mosse di Giorgia Meloni; oggi fedele atlantista, pronta a riconvertirsi in fedele americana qualora si materializzasse l’incubo per l’Europa di una nuova amministrazione Trump. L’atlantismo non è una novità nella storia della destra italiana e d’altronde tutta la campagna elettorale di Giorgia Meloni è stata sostenuta dagli oltranzisti conservatori come Bannon, molto attivo nel dotare l’internazionale nera in Europa di strumenti ideologici e di propaganda politica. E c’è una linea sottile che lega questa fiammata conservatrice ai nemici della costruzione europea che paradossalmente unisce, in una eterogenesi dei fini, i grandi imperi che dominano in questo momento il disordine mondiale: la Russia, la Cina, e gli Stati Uniti.
Quindi l’affermazione di Trump consoliderebbe il quadro disordinato entro il quale il nostro continente sta affrontando le sfide complesse della struttura su cui si è avviata la globalizzazione economica. Quest’ultima sullo sfondo è sempre la speranza dei populisti sovranisti europei e nostrani, per i quali va bene pure una strizzata d’occhio alle elezioni farsa di Putin (Salvini) ed una al Candidato più insidioso della storia recente della democrazia americana Donald Trump (“Giuseppi” Conte). Centrali divengono perciò tutte le correnti nazionali fautrici dell’incontro e della prospettiva di un’Europa più unita e responsabile, sociale e democratica, inclusiva e plurale, moderna ed al tempo stesso attenta ai bisogni della terra, dei suoi mari, dei suoi laghi e delle sue montagne a rischio di deperimento. La Grande Alleanza del futuro passa attraverso queste nuove consapevolezze, il voto di giugno non sarà quindi solo alchimia delle coalizioni nazionali ma convergenza delle tendenze europeiste più mature. In essa il ruolo dei Socialisti in Europa ed in Italia resta fondamentale.