Elezioni Russe, il plebiscito del totalitarismo

di Alessandro Silvestri

La “protesta di mezzogiorno” promossa da Yulia Navalnaya, per dare un senso alla morte del marito Aleksej e un se pur flebile segnale di speranza agli oppositori di Putin, richiama alla mente un romanzo di culto per tutti i sinceri democratici di ieri e di oggi. Quel “Buio a mezzogiorno” di Arthur Koestler che descrisse nel 1940, i processi farsa agli oppositori di Stalin nel triennio 1936-38. Tra le righe del capolavoro del giornalista ungherese ci sono tutti i segni ben tangibili della tirannide bieca e sanguinaria, impiantata da Stalin per spazzare via ogni possibile concorrente. Prima delle opposizioni e poi della vecchia guardia bolscevica, seguita dalla sostituzione etnica attuata scientificamente anche nei posti di comando, dove ai nuovi subentri era richiesta una sola e ferrea qualità: l’ubbidienza. Radici evidenti si possono rintracciare nella genesi dell’idea manifestata da Putin dello Stato e di come questo debba essere condotto. L’unica banale distinzione  risiede nella differenza tra l’infallibilità del partito sovietico di un tempo (unico e imprescindibile) ed egli stesso, come indispensabile artefice della volontà di potenza della Russia, della sua storia e del suo popolo. Segretario generale e Zar, al tempo stesso. Un pontificato maximo, architrave dell’imperialismo russo del nuovo millennio. Da Anadyr’, capoluogo del circondario autonomo della Čukotka, estremo oriente russo a poche miglia dall’Alaska, alle 06:01 di lunedì 18 marzo (21:01 ora di Mosca del 17) un minuto esatto dopo la chiusura ufficiale dei seggi, arrivano già i primissimi risultati di un plebiscito che definire farsa e spregio di ogni libertà, individuale e collettiva, è il minimo sindacale di onestà liberale. Il voto in un sistema totalitaristico com’è l’attuale Russia di Putin, è la proiezione plastica del bagno di folla, che finisce quasi sempre in un bagno di sangue. Un plebiscito maligno e deformato che serve ai dittatori di ogni epoca per crearsi una complicità delle masse. Una condivisione di responsabilità, funzionale alle  “operazioni speciali” passate, presenti e future. Con tutte le regole democratiche costantemente calpestate dal 1999 ad oggi (ad ogni elezione è corrisposto un drastico giro di vite) il ricorso all’assassinio degli oppositori, all’incarcerazione, alla coercizione e tutti i possibili sistemi di annichilimento, la brutale dittatura di Vladimir Putin, appare sempre più nella sua drammatica e anacronistica violenza. L’invasione dell’Ucraina, del resto, sarebbe già stata sufficiente per convincere anche il più riottoso critico del sistema liberaldemocratico occidentale che l’alternativa non può certo essere quella del “presidente” russo e di tutti i suoi amichetti in giro per il mondo, da Xi Jinping a Maduro, Díaz-Canel, Kim Jong-un, al-Menfi e al-Sisi, fino a Raisi, che si sono subito affrettati a fare le congratulazioni al neoeletto…la crème de la crème dell’autocrazia di ogni risma, che ha pure un socio occulto negli Usa con i capelli arancioni. Discorso a parte con qualche distinguo, meritano il capo del governo indiano, Morsi, Erdogan e Abbas dell’ANP che pure si sono uniti al coro degli omaggi. E a proposito di partigianerie, anche noialtri italiani non ci facciamo mancare niente. E d’altra parte abbiamo una lunga tradizione durata dal 1944 al 1989 col “fattore K” che predicava bene e razzolava male. C’è pure stata una maggioranza di governo molto recente, quella giallo-verde benedetta da Berlusconi, che più filo-putinista non si poteva. Oggi il fenomeno è un po’ più trasversale e se lasciano interdetti (come minimo) l’atteggiamento del solito Salvini e i fragorosi silenzi di Conte, desta una certa preoccupazione il reclutamento massiccio nelle Tv pubbliche e private, di ogni sorta di filo-putinista in servizio permanente effettivo. Sta prendendo forma anche il partito di Santoro che aspira apertamente a fungerne da capofila. Il ben noto pacifismo a senso unico, dove i morti e gli oppressi non sono tutti uguali e dove gli armamenti da smantellare sono principalmente quelli dell’Occidente. E a proposito della reiterata minaccia di escalation nucleare, fatta da Putin e Medvedev, ci piacerebbe sapere perché, invece di organizzare una marcia per la pace vera, accusano l’alleanza euro-atlantica di circondare la Russia e di aiutare l’Ucraina a difendersi. Il ribaltamento della realtà. Intanto il loro idolo sta ammassando truppe in Carelia, ai confini della Finlandia (e a 200 km dalle repubbliche baltiche) già teatro della epica resistenza finlandese all’invasione dell’URSS durante la seconda guerra mondiale, raccontata mirabilmente da Indro Montanelli. E su questo, anche Giambattista Vico avrebbe cose in merito da dire.

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