di Carlo Rosati
Sono passati quasi quarant’anni da quel celebre “sorpasso” dell’Italia sul Regno Unito. Era il 1987, nel Paese c’era un governo a guida socialista. Non stiamo parlando di una partita di calcio quanto del superamento del Pil italiano rispetto a quello britannico, evento che fece diventare l’Italia la sesta potenza economica del mondo. Sono passati quasi quarant’anni, ma sembrano più di un secolo. L’Italia del lavoro, del benessere diffuso, delle industrie, della moda, delle marche, dello sport è svanita come ghiaccio al sole, lasciando spazio a una realtà inaspettata e totalmente diversa. Oggi molte imprese chiudono, molti mestieri si stanno estinguendo o sono già estinti, il lavoro per troppe persone rimane un miraggio e chi è occupato frequentemente non arriva a fine mese con denaro a sufficienza. La classe media, che è il vero motore dell’economia, ha perso la sua forza e resta immobile a capire cosa accade, presa dalla paura di scivolare nella fascia inferiore. Dagli anni ‘90 in poi abbiamo assistito, chi impotente chi complice, al depauperamento del Paese a tutti i livelli, in un meccanismo di fattori fra loro collegati che come risultato finale ha colpito e colpisce drammaticamente la popolazione. Mai avremmo pensato che il fenomeno su cui discutere avesse un nome che fa paura: povertà. I numeri sono allarmanti. Il 10% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, dato in costante crescita. Il 7% degli italiani rinuncia a curarsi. Il 5% degli italiani detiene la metà della ricchezza nazionale. Il potere d’acquisto dei salari è fermo a livelli di fine anni ‘90. Siamo nel punto più basso o forse il peggio deve ancora venire. Il sospetto che la povertà, così come l’ignoranza, sia una cosa da cui l’uomo (o la donna…) forte al comando trae solo vantaggio, è forte. Una promessa strillata, qualche paura al momento ed al posto giusto, lo slogan forte per rassicurare chi di sicurezze ne ha poche e ne cerca tante. Il metodo per raccogliere voti senza fatica è noto, fra mille parole e nessun fatto. Non si può più restare a guardare, è giunta l’ora di reagire e agire, con misure concrete, per uscire da questa lunga notte e tornare a vedere almeno quel poco di luce che pian piano ci porti al giorno. La risposta è sul piano politico. È innegabile l’esigenza nella scena di un Partito Socialista grande e organizzato, schierato a fianco (e non contro) le persone e i loro diritti, che riporti in primo piano i valori della solidarietà e della eguaglianza e che riaccenda negli animi la forza della critica e della comprensione di cosa è veramente giusto e cosa invece non può essere tollerato. Bisogna tornare a “portare avanti quelli che sono rimasti indietro”, e bisogna farlo da adesso, subito.