Intervista ad Alex Moscetta: «I nuovi poveri invisibili al mondo. Serve ascolto e solidarietà»

di Giada Fazzalari

Alex Moscetta è molto più che un volontario della Comunità di Sant’Egidio che cura le relazioni esterne e la comunicazione. È letteralmente un braccio operativo e grande organizzatore: segue e organizza i volontari, si adopera per la realizzazione dei pranzi, apparecchia e sparecchia i tavoli, gira per le strade per contattare ed aiutare le persone in difficoltà. Con lui abbiamo affrontato il problema delle nuove e vecchie povertà; la sua esperienza ci consente di “leggere” uno spaccato di società che, in molti, si sforzano di non vedere.

La Comunità di Sant’Egidio si occupa dell’aiuto a chi vive in uno stato di fragilità. Aumentano le diseguaglianze e sono quasi sei milioni le persone in condizione di povertà assoluta. Quali sono le richieste che arrivano in modo più assiduo?

Purtroppo il numero di persone in condizioni di povertà è sensibilmente aumentato dal 2020 anno della pandemia da Covid. È emersa una povertà fatta di persone che hanno un luogo dove vivere ma che non riescono a permettersi il pasto tutti i giorni, che non possono pagarsi cure mediche, bollette o che non si preoccupano più della manutenzione del loro domicilio. Inoltre le persone che si trovano in precarietà abitativa, sempre più italiani, bussano alle nostre porte perché’ si trovano sfrattati, oppure non riescono a pagarsi la stanza in affitto. Inoltre tanti richiedenti asilo e immigrati giunti da poco in Italia che si trovano in gravi difficoltà anche perché l’accoglienza è sempre meno presente».

Sono molte le persone che si rivolgono a voi nel periodo del Natale?

«Sono tanti gli invitati che si sono seduti con noi alle grandi tavole dei nostri pranzi di Natale o durante le feste negli istituti per anziani o nelle carceri. Sono le persone che durante l’anno sono sempre serviti da noi di Sant’Egidio; diventano degli amici, dei familiari delle nostre giornate e per questo, tutto diventa un partecipare insieme alla gioia del Natale».

Persone che hanno bisogno, insieme ai volontari…

«Chi si rivolge a noi sono soprattutto persone che desiderano vivere la bellezza del Natale al servizio degli altri, di cui tanti giovani. Persone che vogliono avere la possibilità di capire il vero senso di questa festa: un Natale per tutti specialmente per chi è solo e povero».

Esistono persone che soffrono anche condizioni di solitudine ed emarginazione sociale?

«Negli ultimi anni incontriamo ed abbiamo visto tanta solitudine, che poi diviene grave emarginazione sociale. È il problema dei “nuovi poveri” ovvero persone che si sono ritrovate a causa dell’aumento dei prezzi o per motivi di difficoltà lavorative ad avere meno capacità d’acquisto e quindi si trovano in una situazione mai vissuta prima: quella del dover chiedere aiuto. Ci sono poi gli anziani, sempre più visti come uno “scarto” e non come risorsa dalla nostra società. E spesso a questo “fastidio” verso gli anziani l’unica risposta è favorire l’ingresso negli istituti per finire nella solitudine e nell’anonimato. Immaginate: in molti istituti le persone non vengono chiamati per nome ma solo con il numero del letto. E poi c’è’ l’esclusione sociale più grande, quella dei senza fissa dimora nelle grandi città. Spesso invisibili oppure visti solo come un’emergenza di degrado sociale. Non si trovano soluzioni durature, che seguano la vita delle persone accompagnandole in percorsi di ripartenza. Sempre e solo un’emergenza di breve periodo non risolutiva».

Se dovesse fare un’analisi, rispetto all’esperienza diretta della Comunità, come è cambiata la povertà negli ultimi anni in Italia?

«Sono cresciuto con un’indignazione verso la povertà sia di chi era giovane sia degli adulti. Che il trovarsi in difficoltà fosse un’ingiustizia. Oggi mi sembra che la nostra società crei tanta indifferenza. Un’indifferenza che allontana e non avvicina chi è più debole. I poveri sono visti come un fastidio, come un problema, come uno scarto. E si sta perdendo una cultura della solidarietà fosse solo quella di vicinato nel senso di prendersi almeno a cuore le situazioni veramente accanto a te. La povertà si è allargata: basti pensare che in strada oggi vivono persone che non si sarebbero mai immaginate di diventare senza dimora. Eppure oggi si trovano a vivere questo grande disagio. Sono persone di grandissima dignità, con storie di lavoro, relazioni spesso finite male che sono diventate causa della loro indigenza. E poi aumentano i migranti che incontriamo in grave povertà. Donne e uomini, giovani se non giovanissimi, che subiscono l’irrigidimento delle norme di accoglienza nel nostro Paese e finiscono per ritrovarsi soli e in povertà senza proprio nulla».

Che significato ha avuto il Natale appena trascorso?

«Questo Natale 2024 che vede anche l’inizio dell’Anno Santo del Giubileo è stato un momento di grande festa e impegno per far vivere in Italia e nei 70 paesi del mondo dove è presente Sant’Egidio, i Pranzi di Natale. Saranno decine e decine di migliaia le persone che si sono sedute con noi, dove tutti hanno ricevuto un regalo personale. Un periodo questo ricco di impegno nella raccolta dei doni e degli aiuti per organizzare al meglio e con grande cura e attenzione ai dettagli le tante centinaia di pranzi nel mondo: dalle periferie di Roma come San Basilio o Primavalle fino al Mozambico o in Indonesia. Una grande rete di solidarietà dove la partecipazione e il sostegno di tutti conta e fa la differenza. Per dare tanta speranza e forza a chi è venuto come ospite a queste grandi feste di Natale insieme ai tanti volontari di Sant’Egidio».

Cos’è che lo Stato potrebbe fare di più per sostenere le persone che voi assistite?

«Credo che oggi la sfida più’ grande per lo Stato sia quella di prendere atto in modo serio e responsabile del fatto che la povertà colpisce una fetta importante della nostra popolazione. Tante storie che incontriamo forse, con un lavoro migliore da parte delle amministrazioni locali e dello Stato, potevano non diventare così gravi. Credo che chi governa il nostro Paese possa aiutare molte più persone. Dal problema alloggiativo, al lavoro per persone che non riescono a rientrare nel mondo professionale, a sostenere quelle persone che ormai hanno difficoltà fisiche o mentali per lavorare ma che con un aiuto duraturo potrebbero trovare piccole stabilità capaci di evitare di ritrovarsi per sempre in condizione di povertà. E poi ascoltare di più il mondo del terzo settore, delle realtà come la nostra di Sant’Egidio, che conoscono molto bene la vita e le difficoltà delle persone. Dal problema della salute a quello della casa ci sono tante best practice e soluzioni percorribili da cui lo Stato potrebbe prendere esempio per replicarle a livello nazionale; dare accesso e possibilità a tanti di vivere meglio».

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