di Giada Fazzalari e Andrea Follini
Se il 2 giugno 1946, fu la scelta della Repubblica democratica a vincere la sfida tra mondo passato e mondo futuro, ai socialisti di allora, guidati da Pietro Nenni, va il merito di aver tenuta sempre dritta la barra del timone. I socialisti si batterono, senza tentennamenti, per la Repubblica. Altre forze politiche, nell’Italia d’allora, non mantennero così caparbiamente il punto, anzi si dimostrarono assai ambigue.
Il desiderio di allargare il consenso, in alcuni casi prevalse rispetto alla coerenza e questo consentì ad alcuni partiti risultati elettorali più sostanziosi. Per i socialisti era necessario dare alla nuova Italia, nata dalla guerra e dalla Resistenza, una dimensione unitaria forte e soprattutto una forma di Stato che rompesse con il passato. La visione di Nenni a proposito era chiara, così come il suo indirizzo in tal senso al Partito. Tanto da definire prioritario, nella campagna elettorale del 1946 che portò contemporaneamente gli italiani al voto del referendum monarchia-Repubblica ed all’elezione della Costituente, lo sprone al voto favorevole alla Repubblica prima che a quello per il Partito. Coerenza contro opportunismo. Capacità di ingenerare futuro contro un distopico attualismo. La musica non pare cambiata. Ciò che conforta, però, è che le Istituzioni repubblicane godono oggi per fortuna, di una “sana e robusta Costituzione”, che le rende capaci di resistere ad ogni tentativo di indebolimento. Festeggiare la Repubblica riveste quindi un significato profondo: il riconoscimento che quella visione politica viaggiava sulla strada giusta, tracciata da uomini e donne dagli alti ideali, cui continuare ad essere grati e grazie ai quali l’Italia oggi continua ad essere una democrazia compiuta e solida, per nulla intimorita dalla derive nascenti, ma sulla quale bisogna continuare a vegliare.