Intervista a Rita Bernardini:«Nelle carceri condizioni degradanti. Voglio ritrovare il Nordio che conoscevo»

Intervista di Giada Fazzalari

Rita Bernardini è la presidente di ‘Nessuno tocchi Caino’, l’associazione il cui obiettivo è la moratoria della pena di morte, la lotta contro lo strumento della tortura e quella per il superamento del carcere. Una carica ricoperta per anni da Maro Pannella. L’impegno politico e sociale di Rita Bernardini si caratterizza per la lotta a salvaguardia dei diritti della persona. E’ stata nei primi anni duemila segretaria dei Radicali Italiani e vicedirettrice di Radio Radicale, parlamentare e consigliera comunale a Roma. Ha promosso iniziative nonviolente come lo sciopero della fame per mettere in luce le gravi carenze presenti nel sistema penitenziario italiano, alle quali hanno aderito tanti cittadini, migliaia di detenuti, e molti volti noti della politica, della cultura e dello spettacolo. Da venti giorni è in sciopero della fame contro il sovraffollamento carcerario e ha fatto appello alla Presidente del Consiglio a non restare a guardare.

Cosa ti ha portato a intraprendere questa iniziativa nonviolenta insieme a Roberto Giachetti?

«Credo siano evidenti le ragioni di questo sciopero. Le carceri oggi sono luoghi ingovernabili, dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali, se è vero come è vero che la pena non può essere contraria al senso di umanità e deve tendere alla rieducazione del condannato. Un senso di umanità che in Italia è impossibile da rispettare: esistono cento istituti penitenziari che hanno un sovraffollamento medio del 150%, con una carenza allarmante di agenti di polizia penitenziaria e, soprattutto, del personale responsabile del reinserimento sociale della persona reclusa, dove ci sono gravi inadempienze sanitarie. I detenuti difficilmente possono essere curati e quando sono molti di più del previsto, la situazione peggiora. Sono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti; ho riscontrato, soprattutto nelle persone che hanno problemi psichiatrici o di tossicodipendenza, che in un regime di privazione della libertà peggiorano il proprio stato. Noi però abbiamo delle proposte.»

Quali?

«Oggi non è prevista alcuna norma che possa affrontare il problema del sovraffollamento penitenziario e le nostre proposte, depositate come pdl da Roberto Giachetti, consentono di governare questo fenomeno che fino ad oggi non è stato governato. Faccio un esempio: in alcuni paesi come la Germania c’è una sorta di numero chiuso nelle carceri. Se c’è un numero “x” di posti disponibili, non può entrare un detenuto in più rispetto alla capienza prevista: se deve entrare un condannato è obbligatorio che ne esca un altro. Il credo che in Italia non sia praticabile perché abbiamo 189 istituti penitenziari e un sovraffollamento del 126% e c’è il rischio che il detenuto venga “deportato” a centinaia di chilometri di distanza dalla famiglia.. Ecco, abbiamo proposto una legge che era già stata applicata dal 2014 al 2015, grazie all’allora ministra della Giustizia Cancellieri. Quella norma prevedeva un aumento della già prevista liberazione anticipata (da 45 a 75 giorni ogni semestre) per i detenuti meritevoli che non abbiano avuto rapporti disciplinari, che possono così ottenere uno sconto di pena.»

All’inizio del suo mandato, il Ministro della Giustizia Nordio aveva fatto intendere di avere un’idea di giustizia garantista. Però in questo anno abbiamo solo visto aumento delle pene e impostazione ‘securitaria’. Tu che bilancio ne fai?

«Avevo una enorme fiducia nel ministro Nordio e credo che lui la avesse in me, visto che mi aveva proposto, senza che io chiedessi niente, come garante delle persone private della libertà. Oggi mi sento di chiamarlo “l’ex Nordio”, perché tutto quello che ha fatto fino a questo momento va nella direzione esattamente opposta rispetto a quello che aveva sempre proclamato. Nordio, diversi anni fa, aveva presieduto una commissione parlamentare che si occupava della riforma delle pene e lui sosteneva che in Italia si dovesse depenalizzare e de-carcerizzare, dando ai detenuti una maggiore possibilità di accesso alle misure alternative. Insomma, speriamo torni ad essere Nordio.»

15 suicidi in carcere dall’inizio del 2024. Oggi cosa farebbe Marco Pannella di fronte a questa strage?

«Marco Pannella era imprevedibile. Io cerco di fare tesoro dei suoi insegnamenti, soprattutto quello della nonviolenza, che significa dialogo con le istituzioni nella fermezza.»

Ci spieghi meglio cosa significa?

«Dialogare con le istituzioni ma esigere che il potere rispetti la propria stessa legalità. Io, insieme a Roberto Giachetti e a Nessuno tocchi Caino, ho chiesto un dialogo con la Presidente del Consiglio Meloni che ha un dovere primario: quello di rispettare la Costituzione che, purtroppo, è sempre di più disattesa. Ne è la dimostrazione, ad esempio, il fatto che sia stato negato il dibattito con Giuliano Amato nel carcere di San Vittore.»

 

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