Il sistema penitenziario, una lunga storia di inefficienza

di Luigi Iorio

Dopo mesi di silenzio e disattenzione, il tema del sovraffollamento carcerario torna nell’agenda politica, soprattutto per la catena interminabile di suicidi, non ultimo quello particolarmente drammatico avvenuto in questi giorni nel CPR di Ponte Galeria a Roma. Le condizioni delle nostre strutture rimangono inaccettabili, nonostante le iniziative attuate dopo la dura sentenza della Corte di Strasburgo che, giusto sei anni fa, aveva individuato nelle condizioni di detenzione italiane la violazione dell’articolo 3 della Convenzione sulla tutela dei diritti umani, che vieta, oltre alla tortura, i trattamenti contrari al senso di umanità e alla dignità delle persone recluse. Negli ultimi decenni sono stati introdotti diversi provvedimenti, molte volte in risposta all’emergenza del momento, mai nella prospettiva di soluzioni strutturali. Tra questi l’indulto, fortemente voluto dal Governo Prodi, che servì a migliorare la situazione solo temporaneamente. I maggiori risultati sono stati ottenuti nel triennio 2012-2015 grazie a politiche deflattive. Nel settembre 2015, infatti, la popolazione penitenziaria diminuì sensibilmente, raggiungendo le 52.294 unità per una capienza regolamentare di 49.585. Secondo il sondaggio “Space” promosso dal Consiglio d’Europa, l’Italia si colloca attualmente al terzo posto in Europa per sovraffollamento carcerario. La risposta della maggioranza che attualmente governa il Paese è quella tradizionale della destra, che propone ricette che hanno più volte dimostrato la loro assoluta inadeguatezza, non solo in Italia. Si accarezzano le pulsioni securitarie dell’opinione pubblica, prospettando sempre nuovi reati e inasprimenti delle pene e si promettono fantomatici interventi sull’edilizia carceraria con moltiplicazioni dei posti, che non si realizzeranno mai. Si dimentica che ci sono edifici già ultimati che non entrano in funzione per carenze strutturali e soprattutto di organico del personale di sorveglianza. E soprattutto si ignora il potenziamento di tutte quelle misure alternative alla detenzione che sono le sole a poter fornire risultati concreti nel breve periodo. E si sottovaluta il crescente fenomeno della delinquenza minorile, che richiede interventi specifici, formativi e preventivi, in stretto contatto con il mondo del volontariato, atti a ridurre il fenomeno della recidiva. Intanto continuano le sofferenze, non solo dei detenuti, ma anche degli agenti di polizia penitenziaria, del personale amministrativo, degli operatori del diritto, dei sanitari e dei volontari. E continuano le sommosse e i suicidi in carcere. Il tema rimane un’emergenza assoluta e un argomento fondamentale per la costruzione di un programma alternativo a questo Governo.

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