Intervista di Andrea Follini
Pia Locatelli, già europarlamentare e deputata socialista, è Presidente onoraria dell’Internazionale socialista donne, vice presidente dell’Internazionale socialista e responsabile Esteri del Psi. Esperta di politica internazionale, è componente del bureau della commissione permanente delle donne del Partito del Socialismo europeo.
Le prossime elezioni europee si terranno in un contesto geopolitico complicato, nel quale servirebbe un’Europa forte e coesa. Che però fa fatica a palesarsi.
«È vero. Le elezioni europee sono sempre importanti ma quelle di quest’anno lo sono ancora di più. Nelle elezioni del passato, abbiamo sempre “italianizzato” questo appuntamento, trasformandolo in un momento di verifica sul consenso del Governo nazionale. Oggi la posta in gioco è molto più alta; i cittadini europei decideranno la composizione politica di un parlamento che si troverà ad affrontare sfide importanti come non mai per il futuro stesso dell’Unione. È tempo di mettere davvero al centro del dibattito l’Europa. Spaventa il vento di destra che soffia da qualche tempo, pertanto dovremmo essere determinati e lavorare tenacemente per fare passi avanti, non indietro, per non tornare a quando ogni Paese parlava per sé».
C’è il timore di nazionalismi che distruggano il sogno di integrazione pensato dai fondatori?
«Già. Per scongiurarlo dobbiamo favorire una integrazione progressiva, per arrivare poi agli Stati Uniti d’Europa, che è il nostro ideale da oltre un secolo. Una federazione di Paesi è l’unica risposta sensata che possiamo dare perché l’Europa nel suo complesso possa contare nel mondo. Senza l’Europa né l’Italia né gli altri Paesi conteranno, in mondo così globalizzato. Ecco perché dobbiamo avvicinarci a queste elezioni avendo ben chiaro che se l’Europa vuole essere un efficace attore geopolitico, oltre che a salvaguardare l’Unione deve puntare su un modo nuovo di affrontare i dossier importanti sul tavolo».
Ucraina e Medio oriente. Due atteggiamenti diversi dell’Unione in questi due scenari: abbastanza compatta al fianco di Kiev, meno incisiva con Israele. Questa dualità non indebolisce un’Europa che aspira ad avere, un ruolo di riferimento?
«Dobbiamo considerare che sono due situazioni molto diverse. Nel caso ucraino, c’è stata una violazione palese del diritto internazionale: la Russia ha invaso un Paese sovrano e tutti abbiamo reagito (o quasi tutti, perché ci sono molti filo putiniani anche in Italia). La situazione del Medio Oriente è una situazione molto più complicata. Innanzitutto dobbiamo fare chiarezza sugli attori. Da un lato non Israele, ma il governo di Netanyahu. Quando io critico la strategia scelta dal governo, critico il governo e sto ben attenta a non confonderlo con gli israeliani, perché c’è l’80 % di essi che questo governo e questo premier non li vuole. Dall’altro lato non i palestinesi, ma Hamas, formazione terroristica che ha compiuto crimini gravissimi e che è solo una piccola parte del popolo palestinese. Da tutti questi attori noi dobbiamo esigere il rispetto del diritto internazionale e soprattutto il rispetto dei diritti umani. Giudico sbagliata la strategia di Netanyahu perché non vede la soluzione dei due Stati come obiettivo. E non lo è neanche per Hamas, il cui obiettivo è invece l’annientamento di Israele. Il dovere di tutti, lo ribadisco, è il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale; in questa guerra questo diritto è stato calpestato da tutti. Poi noi dobbiamo avere la pazienza di continuare a dire che servono due Stati; non “due popoli e due Stati”, ma “due Stati”, per non identificarli come due Stati etnici: sarebbe l’ennesimo errore. L’Europa nella questione medio orientale si è dimostrata impacciata e forse troppo cauta».
Il congresso del PES di questo fine settimana designerà il candidato alla Presidenza della Commissione europea per i socialisti. Che messaggio parte da Roma?
«Sarà un congresso elettorale. Abbiamo due compiti principali ed importanti in questo incontro: il primo è presentare il nostro spitzenkandidat che è Nicolas Schmit, attuale commissario europeo al lavoro e ai diritti sociali; ed è significativo che i socialisti europei abbiano scelto proprio lui, anche per il lavoro svolto in seno alla Commissione europea, perché noi siamo socialisti ed il lavoro ed i temi sociali sono la base del nostro agire. L’altro compito è quello di presentare la nostra piattaforma, un vero manifesto con al centro il lavoro, la necessità di un nuovo green deal, verde e sociale. Un manifesto sulla salvaguardia dello stato di diritto, di rilancio dell’economia, di un’Europa femminista capace di realizzare parità di diritti. Un’Europa che pensi ai giovani, libera, sicura ed indipendente».