Intervista a Massimo Cacciari: «Il governo è in difficoltà, presto al capolinea. L’assenza di cultura politica è il male di questi tempi»

di Giada Fazzalari

Massimo Cacciari è filosofo, politico ed opinionista. Docente di Estetica presso l’università IUAV di Venezia, nel 2002 ha fondato la facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele a Cesano Maderno. Sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 e poi dal 2005 al 2010, Cacciari è stato parlamentare nel 1976 e parlamentare europeo nel 1999 con I Democratici. Esponente di spicco in Veneto per la Margherita e poi nel Partito Democratico che successivamente ha lasciato; nel 2009 annunciò il suo allontanamento dalla politica.

 

Professor Cacciari, partiamo dal caso Sangiuliano. Lei che idea si è fatto?

«Mi interessa poco. Una questione miserabile.»

È l’ultimo dei tanti casi imbarazzanti che hanno coinvolto il Governo. C’è un tema di qualità della classe dirigente?

«È la qualità che ci meritiamo. Semplice.»

È d’accordo con chi dice che nella destra di governo stiano provando a sdoganare parole e metodi che richiamano al fascismo?

«Macché. Alcuni fingono di essere gli eredi di una certa destra ma non c’è nessuna dimensione culturale su cui si basano. Inutile ricordare i grandi e tragici modelli del passato. Neanche li conoscono, tra l’altro.»

Ma nell’inchiesta di Fanpage però i giovani di Fratelli d’Italia i saluti romani li facevano. Cos’era, un colpo di teatro?

«Ci sono sempre stati i deficienti che fanno i saluti romani»

E questa agognata egemonia culturale della destra su cosa si baserebbe, dunque?

«Ma quale egemonia culturale, di cosa stiamo parlando? Non c’è un’egemonia culturale perché semplicemente non c’è più nessuna cultura politica, a destra come a sinistra. Fanno solo chiacchiere prive di contenuto. Un’ egemonia culturale si può fare su idee alla Gramsci, alla Carl Schmitt, alla Junger…non in queste condizioni.»

E quando è successo che le classi dirigenti hanno smesso di avere una solida cultura politica?

 «Per un certo periodo certamente nel nostro Paese, nel secondo dopoguerra, c’è stata nell’ambito cattolico una dominanza del pensiero personalista, quello ad esempio di Papa Montini, che ha influenzato potentemente persone come Moro e altri. Insomma un tempo c’era una cultura politica. Dall’altra parte c’era tutta la tradizione gramsciana che si è combinata con la tradizione storicistica laica, che poi ha ripreso con Giovanni Gentile. E ancora la corrente liberale con Croce. Ci sono stati tanti momenti in cui le forze politiche come i socialisti, democristiani e i comunisti avevano un fondamento culturale molto serio. Tutto ciò si è completamente sfasciato. Le forze politiche di oggi non hanno più nulla a che fare con riferimenti culturali solidi.»

È tutto stato seppellito con la fine della prima Repubblica?

«No, con il cambiamento del mondo. E lo stesso vale in Europa e per tutta la politica occidentale.»

Nel centrosinistra oggi c’è una sorta di inedita unità su alcuni temi…

«Vedremo i contenuti. Hanno capito perlomeno che se si mettono insieme e cercano coalizione è un bene.»

Quindi è un fatto positivo…

«Beh, se si gioca a carte a scopone, ma con le regole della briscola, si perderà sempre. Certo che è un fatto positivo: se vogliono cercare di fare la partita devono almeno conoscere le regole elementari del gioco. E in un sistema elettorale come quello italiano significa che devono cercare di fare coalizioni e mettersi insieme in qualche modo per sopravvivere. Almeno questo lo hanno capito»

Questo è il metodo. Le chiedo: e il merito? Come si fa opposizione?

«Si vedrà se sono capaci. Mi pare che lo siano su alcuni temi un po’ di più, come i temi sociali e su certi aspetti delle politiche sanitarie. Sulle questioni interne sembra che qualche passetto avanti lo stiano facendo. Ma sulle questioni strategiche siamo all’anno sottozero.»

Perché?

«Non c’è nessun discorso che riprenda il grande tema delle riforme istituzionali, per non parlare della guerra e delle politiche internazionali.»

A proposito di politica internazionale. Sembra che il governo sulle grandi questioni come il Medio Oriente sia inesistente. Lei cosa ne pensa?

«Beh non è inesistente, piuttosto segue ciò che ordina il padrone.»

E chi sarebbe il padrone, l’America?

«L’America, la Nato…»

E a sinistra?

«A sinistra poco più.»

Autonomia differenziata. Ci sono perplessità da parte della Cei, da pezzi importanti di industriali…

«Ci sono perplessità importanti che vengono da tutti gli ambienti tecnico-scientifici. C’è chi ha mostrato, come Fassina in un suo bel libro, come questa autonomia differenziata possa comportare problemi sicuramente anche di carattere contabile, ma poi essenzialmente porti a un conflitto irrisolvibile permanente all’interno della Conferenza Stato-Regioni e tra le regioni; e quindi un peggioramento complessivo della qualità della nostra vita amministrativa e politica. Quello sarà l’effetto garantito, ammesso e non concesso che non ci sia anche un effetto contabile disastroso, perché lo Stato centrale chiaramente avrà molte meno risorse per fare una politica di equiparazione e di riequilibrio.»

Un progetto pericoloso, dunque?

«Pericolosissimo. Queste riforme sono balloon d’essai, che secondo me se andranno a referendum verranno massacrati.»

Ballon d’essai per quale motivo?

«Per far dimenticare la drammatica situazione in cui versa il Paese. Si parla di autonomia differenziata, si parla di presidenzialismo e non si parla dei tremila miliardi di debito che a questo punto ci rendono assolutamente la mercé dei mercati. Al punto che in ogni momento qualcuno potrebbe decidere di farci fare la fine della Grecia.»

Quindi i referendum sulle riforme potrebbero diventare decisive per la tenuta del governo?

«Io penso che il governo avrà, per tutti i motivi che abbiamo detto, difficoltà crescenti ad andare avanti, non per i vari casi come quello che ha coinvolto Sangiuliano, ma per i tremila miliardi di debito, per la guerra e per tanti altri problemi di questo tipo; avrà difficoltà a procedere nella sua marcia e quindi non mi stupirei affatto che o prima, o durante, o dopo le leggi finanziarie di quest’anno non ce la faccia a continuare e si torni, come ormai è inevitabile in queste situazioni, al governo del tecnico. Così andrà a finire di nuovo.»

O si può costruire un’alternativa a sinistra.

«Non hanno neanche i numeri in questo parlamento. Un governo oltre la Meloni non possono farlo cambiando la maggioranza, quindi l’unica soluzione, come è successo altre volte, sarà un governo del Presidente»

Oppure potrebbe prendere atto il governo di non farcela più e si potrebbero sciogliere le camere e andare al voto

«In una situazione drammatica come quella di un governo che esplode e essenzialmente per ragioni politico economiche e finanziarie? Non credo. Si richiamerà il governatore della Banca d’Italia o Draghi come salvatore della patria.»

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