Gli italiani non vogliono la Legge Calderoli. Difenderemo l’unità del Paese

di Luigi Iorio

La raccolta delle firme per il referendum per l’abrogazione della legge sull’Autonomia differenziata, sta giungendo alla conclusione: il 15 settembre infatti si chiuderà una campagna referendaria entusiasmante che ha risvegliato un sentimento collettivo in chi crede in una Italia una ed indivisibile. Numeri importanti, mai visti in passato anche grazie alla novità delle adesioni online. Infatti già il 31 luglio, a pochi giorni dal via alla campagna, si erano raggiunte le 500mila firme necessarie. Un risultato maggiore al passato anche grazie alla modalità di sottoscrizione online mediante l’utilizzo di “spid” e carta di identità elettronica. Un aspetto da non sottovalutare, che indica una vera e propria rivolta politica e civile della cittadinanza. Sono state tantissime le manifestazioni promosse a sostegno del referendum su tutto il territorio nazionale. In aggiunta anche migliaia di banchetti in tutte le piazze italiane. Senza dimenticare la richiesta di referendum approvata da quattro consigli regionali (Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Sardegna). Un segnale chiaro: questa riforma voluta dall’attuale maggioranza di Governo, su impulso della Lega di Matteo Salvini, non piace al Sud, non piace a chi non vuole un Paese diviso in “staterelli” in stile pre-risorgimentale, non piace agli italiani. Ora inizia il secondo tempo di questa decisiva partita per il nostro Paese. Far comprendere agli elettori fino al giorno del voto che deciderà l’abrogazione o meno della legge, quanto questa riforma potrà essere dannosa, non solo condannando il Sud a restare indietro, ma stravolgendo l’ordinamento su cui si fonda il nostro Paese, minando quell’unità voluta dai padri costituenti che con l’articolo 5 della Costituzione ne sancivano il principio stesso. Una riforma talmente priva di equilibrio che finirebbe per marginalizzare anche il ruolo del Parlamento e in parte le prerogative dello stesso Presidente della Repubblica. Va ricordato quanto già la riforma del Titolo V della Costituzione approvata da un governo di centro sinistra nel 2001, per contenere la pressione indipendentista della Lega, abbia palesato tutti i suoi limiti politici e attuativi. Riforma che ci riporta all’articolo 117, come modificato dall’articolo 3 della legge costituzionale n. 3/2001, che dispone che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali e poi indica le materie in cui lo Stato ha una legislazione esclusiva e quelle in cui ha una legislazione concorrente con le Regioni. Verrebbe compromesso il principio solidaristico e di tutela di un popolo su temi quali la dignità del lavoro, la giustizia sociale. Insomma, sanità e saperi. Si creeranno nuove fratture nel Paese e aumenteranno le differenze che già esistono, e non per colpa della classe dirigente del Sud, come dice qualcuno, ma per i ridotti trasferimenti di risorse statali. A questo punto credo sia giusto che l’ultima parola debbano averla i cittadini, che con la raccolta delle firme per promuovere il referendum hanno già dato una risposta importante, da nord a sud, perché questa riforma non penalizza soltanto i territori da Roma in giù ma tanti piccoli Comuni anche del nord e delle aree interne. Per quanto riguarda il Partito Socialista Italiano, era da molto tempo che non registravamo una adesione così convinta ed appassionata ad una raccolta di firme referendaria. I socialisti sin da subito ne sono stati i promotori e tra i fondatori del comitato nazionale. Il nostro contributo in termini di organizzazione di iniziative e di mobilitazione sul territorio è stato straordinario e non ha coinvolto soltanto il nostro insediamento nelle regioni meridionali ma anche quello delle altre zone nel Paese. Una mobilitazione dovuta ai dirigenti locali ma soprattutto supportata dalla rete dei nostri amministratori locali. Siamo sicuri che altrettanto forte e generalizzata sarà la partecipazione socialista in occasione del voto referendario.

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