Intervista a Maria Luisa Frantappiè :« La risoluzione Onu cambierà la posizione Usa verso Israele»

Intervista di Giada Fazzalari

Maria Luisa Fantappiè è responsabile del Programma Mediterraneo, Medio Oriente e Africa dell’Istituto Affari Internazionali. Ha conseguito importanti master nelle più prestigiose università europee. È Visiting Fellow presso il Middle East Center della London School of Economics and Political Science. Diverse sono le sue pubblicazioni come gli interventi su importanti testate giornalistiche internazionali.

Per la prima volta dal 7 ottobre il Consiglio di Sicurezza Onu ha votato una risoluzione per il cessate il fuoco a Gaza, grazie all’astensione degli Usa. Una decisione che ha un valore politico importante.

«È  una posizione raggiunta dopo vari tentativi e denota un progressivo cambiamento della posizione degli Usa sia verso il governo israeliano che verso il conflitto in corso. L’amministrazione Biden, avvicinandosi sempre di più le elezioni presidenziali, si trova a dover fare i conti con il fatto che se il conflitto proseguisse, potrebbe avere un impatto forte sulla possibilità di essere rieletto per un secondo mandato. O c’è uno sforzo da parte del governo israeliano di porre un freno alle ostilità e di far sì che ci siano più accessi di aiuti umanitari a Gaza o altrimenti ne va anche dalla credibilità dell’amministrazione americana».

Netanyahu potrebbe ignorare la richiesta?

«Siamo ben lontani dalla fine del conflitto. La  decisione del consiglio di sicurezza andrà nella direzione di esercitare più pressione su Netanyahu, che potrebbe allentare un po’ la presa sul blocco agli aiuti umanitari a Gaza e questa è stata una delle richieste più pressanti dell’amministrazione Biden al quale, penso, il Presidente israeliano non possa dire di no. Se anche si trovasse un accordo sul cessato il fuoco, l’amministrazione Netanyahu ha confermato che sarebbe comunque temporaneo».

Come è cambiato il ruolo degli Usa che garantiscono da sempre il loro sostegno a Israele?

«Non ci saranno cambiamenti radicali della posizione americana riguardo al supporto a Israele per la difesa dei suoi interessi di sicurezza nazionale, però vi è una pressione sul governo di Netanyahu perché si possa controbilanciare la difesa dell’interesse nazionale israeliano con un adeguato accesso agli aiuti umanitari a Gaza: è la linea di lavoro dell’amministrazione Biden che punterà a portare a casa almeno questo risultato».

Anche dal punto di vista elettorale?

«Sia cittadini americani di origine araba che il movimento progressista di Black Lives Matter si sono schierati a favore del cessate il fuoco e del rispetto del diritto umanitario internazionale, denunciando l’incapacità di Biden di esercitare pressioni sia presso l’Onu ma anche di utilizzare l’influenza e le relazioni che ha con il governo di Israele per arrivare a questo risultato».

Tra le osservazioni che sono state fatte c’è che la diplomazia europea sia stata poco incisiva.

«Dalle varie cancellerie europee sono arrivate all’inizio del conflitto posizioni confusionarie e contrastanti, sia a favore del diritto di autodifesa di Israele che del rispetto delle regole del diritto internazionale umanitario. Nel corso dei mesi, dopo che sono iniziate le operazioni militari del governo israeliano a Gaza e dopo questa situazione umanitaria definita ‘catastrofica’, la posizione europea è diventata più chiara».

L’Italia è stata fin troppo silente?

«Abbiamo osservato che le posizioni iniziali del governo italiano erano molto a favore del diritto di autodifesa di Israele senza sé e senza ma.  Il silenzio o la non incisività del governo Meloni su questo conflitto possono essere interpretati come parte di una strategia: è un conflitto dove se si prende una posizione a scapito di un’altra, si rischia di mettere in discussione la propria credibilità, quindi il silenzio è anche una specie di scherno protettivo contro qualsiasi tipo di critica».

L’Europa gradualista e tardiva e l’Italia strategica. Atteggiamenti colpevoli di fronte ai 32mila morti civili palestinesi?

«In ogni momento importante della storia, di fronte alle stragi di famiglie e bambini, ai silenzi, ciascuno dovrà risponderne. In Europa c’è una tensione irrisolta tra la proclamazione dei principi alla base della fondazione dell’Europa stessa, tra i quali i diritti umani e il rispetto del diritto internazionale e dall’altra parte un pragmatismo che sempre di più domina non soltanto i governi conservatori di centrodestra, ma che purtroppo minaccia di diventare la regola di tutti i governi Ue. Questa tensione tra principi e pragmatismo provoca un atteggiamento gradualista e non un’incisività come ci si dovrebbe aspettare. La posizione europea è stata particolarmente debole».

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