Intervista a Marco Furfaro: «La manovra del governo è feroce con i più fragili e privilegia i ricchi» “La linea dell’esecutivo sul Medio Oriente è vergognosa”

di Giada Fazzalari

Una manovra di bilancio che getta nella condizione del bisogno chi ha di meno e privilegia chi ha di più. Tagli alla sanità, al welfare, nessuna prospettiva di crescita. Marco Furfaro, classe 1980, tra i protagonisti del nuovo corso del Pd guidato da Elly Schlein, pistoiese, non usa mezzi termini. Con lui abbiamo parlato delle scelte del governo e delle ricadute che queste avranno sulla vita degli italiani.

È all’esame della Camera la manovra di bilancio 2025 che lei ha giudicato iniqua nei confronti delle persone che vivono in una condizione di disagio sociale.

«È una manovra che non dà nessuna risposta alle istanze sociali, profondamente aggressiva perché taglia in settori fondamentali per le persone come la sanità, la scuola e il welfare, settori per i quali le persone più fragili hanno la necessità di avere un accesso gratuito universale. E invece si tagliano servizi, si privilegia la sanità privata rispetto a quella pubblica e si rendono le persone sempre più povere. La destra è persino contraria al salario minimo perché ha un’idea di società in cui più aumenta la fragilità sociale, più le persone possono essere sfruttate, mentre si continuano a privilegiare le rendite, gli evasori e i furbetti con i condoni fiscali a cui si indirizzano le risorse pubbliche».

A proposito di sanità: l’ultimo rapporto Gimbe registra un numero impressionante pari a 4 milioni e mezzo di persone che non possono curarsi. La sanità pubblica è una grande conquista di civiltà. Come si raddrizzano le ingiustizie sociali che comprimono un diritto fondamentale come quello alla cura?

«Intanto applicando la Costituzione, dove l’unico articolo che prevede la parola “fondamentale” associata a un diritto è l’articolo 32, quello del diritto alla salute. Oggi quel diritto non è più assicurato perché milioni di persone non riescono più a prendersi cura di loro stesse o perché non hanno i soldi per farlo o per le liste d’attesa troppo lunghe. Ci sono poi tutte quelle persone che si sostituiscono allo Stato, mi riferisco a quei milioni di caregiver che svolgono un ruolo essenziale senza essere valorizzate, nonostante si occupino di anziani, non autosufficienti o persone con disabilità».

E come si risolve questa condizione?

«Innanzitutto con una grande opera di onestà intellettuale perché in questi anni la sanità pubblica non è stata una priorità purtroppo fino in fondo nemmeno per il centrosinistra. Che però ha pagato dazio e ora tocca alla destra. Il fatto è che noi siamo arrivati ad un punto in cui è a rischio il nostro sistema sanitario nazionale e quindi il diritto alla cura. Servirebbero urgentemente risorse da investire nella sanità».

E ci sono? Meloni dice di averle aumentate.

«No, Meloni fa un giochino. Ogni governo, ogni anno, ha aumentato la cifra degli investimenti come valore assoluto, però rispetto alle reali necessità del Paese e al fabbisogno, quelle risorse purtroppo sono insufficienti. Siamo in un Paese nel quale qualcuno è ossessionato dall’immigrazione, magari di persone fatte traghettare dall’Albania all’Italia e viceversa, quando negli ultimi cinque anni quarantamila medici sono andati via dall’Italia perché il sistema sanitario pubblico non li valorizza, offre loro stipendi molto bassi e hanno carichi e orari di lavoro esasperanti e degradanti. Non si può nemmeno assumere perché c’è un blocco delle assunzioni che esiste dal 2008 con il governo Berlusconi, mentre noi avremmo esattamente bisogno del contrario, perché al sistema mancano trentamila medici e settantamila infermieri. Serve un governo che metta finalmente la sanità pubblica al centro della sua agenda e non solo la sanità privata come questo esecutivo invece fa».

Il tema del femminicidio ha animato il dibattito pubblico per giorni. Salvini e Meloni però hanno molto “politicizzato” il tema, sostenendo che i femminicidi aumentano soprattutto a causa dell’aumento dell’immigrazione. Al netto dei numeri e dei fatti, perché si utilizza un tema così delicato per fare propaganda?

«Questo atteggiamento fa parte di uno schema che loro utilizzano sempre. Pur di non parlare della questione sociale – in particolare dei tagli alla sanità, alla scuola e al welfare e cioè di non parlare del fatto che stanno peggiorando la vita di quelle persone che in campagna elettorale dicevano di voler proteggere – si sposta l’attenzione su altro, polarizzando lo scontro, a danno però in questo caso delle donne, con un’operazione culturale devastante. Da una parte quella di sostenere che è sempre colpa degli altri e poi facendo passare il messaggio che il punto non è più il reato, cioè la brutalità di una violenza sessuale, della molestia fatta dagli uomini alle donne, ma il punto diventa la nazionalità di chi li compie. C’è anche l’altra faccia della medaglia che paradossalmente è persino peggiore: tu stai quasi implicitamente accettando culturalmente che se quel reato è fatto da un italiano, è comunque meno grave. Questa è un’operazione devastante ed è assurdo che tutto questo sia di fatto avallato dalla prima Presidente del consiglio donna».

Il tema del conflitto in Medio Oriente. Da un anno denunciamo da queste pagine il massacro che si compie a Gaza. Registrando al contempo il silenzio e la poca incisività del governo italiano. Lei che idea si è fatto?

«L’ignavia del governo sulla questione medio- rientale sta sotto gli occhi di tutti perché si è taciuto e molto, perché c’è un tema che riguarda la sicurezza e la libertà di due popoli di autodeterminarsi. È scontata la condanna di ciò che è avvenuto il 7 ottobre e la condanna al terrorismo, però dopo c’è stata una reazione spropositata che si è trasformata in crimini di guerra da parte del governo israeliano e del suo premier Netanyahu. Il fatto che il governo italiano non riesca a condannare quei crimini e non riesca a produrre una politica estera che porti al cessate il fuoco, alla fine del conflitto e alla pari dignità dei due popoli, è esattamente il contrario di ciò che avevano promesso e cioè di rendere l’Europa più forte. Come al solito sono feroci con le persone più deboli e poi sono degli zerbini quando si tratta di negoziare con i potenti della terra».

E come commenta le parole di Salvini che ha detto che “Netanyahu è il benvenuto in Italia” e “i crimini contro l’umanità sono altri”?

«Sono parole imbarazzanti e farebbero ridere se non si trattasse del vicepremier di questo Paese. Intanto perché le pronunce della Corte penale internazionale si rispettano sempre perché altrimenti salta un equilibrio mondiale raggiunto sin qui. E poi fa davvero ribrezzo che a dire quelle parole sia la stessa persona che quando fu ucciso Navalny disse di aspettare e che a fare chiarezza sarebbero stati i giudici russi. Sostanzialmente Salvini è sprezzante con i giudici italiani, non si fida di quelli europei ma ritiene quelli russi più competenti e indipendenti per giudicare le sorti di un cittadino russo evidentemente ammazzato per motivi politici. Tutto questo dà l’idea di quanto questo Paese oggi abbia una politica internazionale che ci fa vergognare rispetto alla sua storia, e delle personalità politiche che guidano il governo che si dimostrano inadatte e subalterni a dittatori».

Però l’impressione è che la destra sia divisa su tutto, o quantomeno su questioni dirimenti come la politica estera, ma marci unita. E che invece nel campo progressista, uniscano valori comuni, ma che risulti più litigioso. Perché?

«È esattamente così: la destra ha delle differenze valoriali enormi, specie in politica estera dove si dividono sul voto alla Commissione europea, alcuni sono filo-putiniani e altri atlantisti, o dove alcuni persino tollerano i rigurgiti fascisti e altri li condannano, però hanno il pregio di unirsi in nome del potere che riesce sempre a renderli compatti. Noi del campo progressista siamo esattamente il contrario, anche se rivendico con orgoglio che il Pd, come dice la segretaria Elly Schlein, fa una politica “testardamente unitaria”. Noi non vogliamo fare polemiche e non facciamo lo screening o i distinguo ai nostri alleati nel campo progressista, proviamo piuttosto a fare opposizione comune. Qui siamo in una situazione in cui qui c’è un governo che è feroce con le persone più fragili che non rispetta nemmeno l’abc delle principali regole democratiche, che utilizza le istituzioni per sistemare amici e di fronte a tutto questo chi sta all’opposizione deve capire che la prima cosa da fare, seppur non sufficiente però necessaria, è l’unità nell’opposizione a chi oggi governa».

Lei parla del metodo testardamente unitario però come guarda a ciò che si muove attorno al campo progressista?

«Gli smottamenti che vedo in questi giorni credo siano naturali e fisiologici. Noi siamo passati dall’idea che era finito il bipolarismo, fino invece a riaffermarlo prepotentemente in questi ultimi mesi. Credo che debba maturare la consapevolezza che è quella della regola aurea della politica: che il consenso si fa provando a imporre le proprie idee non denigrando quelle dei tuoi possibili alleati».

E come si fa a costruire l’unità?

«Sui temi: noi siamo riusciti in parlamento a presentare degli emendamenti unitari alla legge di bilancio sulla sanità, sui congedi paritari, sulle alluvioni, sul salario minimo. Quando parliamo di temi della vita concreta delle persone c’è la possibilità di costruire un progetto per diventare alternativa al governo Meloni. Ma senza i distinguo al nostro interno, perché una persona non ha i soldi nemmeno per andare dal dottore, non gliene frega niente delle chiacchiere e dei politicismi e gli interessa invece molto se c’è qualcuno che si prenderà cura di loro».

Ti potrebbero interessare