Intervista a Bonaccini: “Il Pd dovrà riprendere consensi a sinistra e tra i moderati”

Bonaccini:  “Il Pd dovrà riprendere consensi a sinistra e tra i moderati” 

Il candidato alla leadership del Pd all’Avanti! della domenica: “il mio Pd avrà una nuova identità. Ripartiamo dal lavoro”

dall’Avanti! della domenica del 28 gennaio 2023

Intervista di Giada Fazzalari

 

Un partito da combattimento. Popolare, con un nuovo gruppo dirigente e una nuova identità. Soprattutto, che vinca alle urne e che faccia una opposizione efficace. E’ come immagina il Partito Democratico Stefano Bonaccini che, a poche ore dalla Convention nella quale presenterà squadra e programmi per la sua scalata verso la leadership del Pd, in questa intervista all’”Avanti! della domenica” anticipa i principali messaggi con i quali punta a recuperare la credibilità del suo partito, intrecciando un dialogo con gli italiani. Il presidente della Regione Emilia – Romagna lancia tanti messaggi, due in particolare. Primo: basta con l’opposizione solo distruttiva: “Se sarò segretario, il Pd a ogni critica al Governo affiancherà una controproposta alternativa e concreta”. Sui rapporti con le altre forze di opposizione basta complessi di inferiorità: “Non abbiamo certo intenzione di lasciare ai 5Stelle la rappresentanza della sinistra né al Terzo Polo quella dei moderati: si tratta di voti che adesso vogliamo andarci a riconquistare”.
La ricetta di Bonaccini per il nuovo Pd è fuori dalle logiche correntizie che hanno immobilizzato il partito. E la collaborazione con i socialisti? Proficua e positiva. Un modo di fare politica lontano dalle polemiche cui anche il nuovo Pd può trarre ispirazione.

La sinistra in Italia non è più la ‘casa’ dei lavoratori che, in parte, hanno votato la destra. Una anomalia storica. Come riprendere la fiducia e dunque il voto di questa parte di elettorato?

“Il lavoro deve essere la prima battaglia del nuovo Pd e il Pd deve tornare a essere presente nei luoghi di lavoro: anche per questo mi sono voluto recare davanti ai cancelli di Mirafiori, a Torino, perché tornare al fianco di lavoratrici e lavoratori è nostro dovere. Ed è per questo che vogliamo costruire un partito laburista che rappresenti tutti coloro che lavorano, dipendenti e autonomi, che rimetta al centro il diritto a un lavoro sicuro, stabile e non precario, con stipendi adeguati, visto che nel nostro Paese sono fermi da decenni. E che sostenga quelle aziende che investono in buona occupazione, assumendo a tempo indeterminato. Abbiamo già avanzato proposte concrete: sostenere fiscalmente i rinnovi contrattuali per adeguare gli stipendi all’inflazione e ridurre il costo del lavoro per avere buste paga più pesanti; rendere il lavoro stabile più vantaggioso di quello precario; estendere diritti e tutele anche delle lavoratrici e dei lavoratori autonomi. Ancora: approvare una legge sulla rappresentanza sindacale e dare pieno valore legale ai contratti collettivi di lavoro. Vogliamo poi rafforzare la lotta allo sfruttamento e al caporalato. Infine, avvieremo una grande raccolta di firme nel Paese per fare approvare una legge sul salario minimo legale per chi non ha copertura contrattuale”.

Il Pd in alcune fasi è stato subalterno al M5S: il Pd di Bonaccini come si rapporterà con loro? Il modello è quello già sperimentato in Emilia-Romagna: verifica preliminare e poi, se loro non ci vogliono sentire, chi più filo ha, piu’ tesserà?

“Noi vogliamo che il Pd torni a fare il Pd, un partito popolare, chiamato adesso a fare una opposizione efficace a questa destra che premia chi ha di più a danno di chi ha di meno e che quando si tornerà a votare sarà in grado conquistare la guida del Paese per una sola ragione: aver vinto alle urne, convincendo gli elettori. Per questo serve recuperare una vocazione maggioritaria, che significa rivolgersi ai cittadini con un progetto per l’Italia. Ben sapendo però che senza alleanze si regala il Paese l’ala destra. Ma andranno fatte sui programmi, non certo a tavolino, e saremo pronti a discuterne quando si tornerà a votare, non certo adesso: sia chiaro, però, che lo faremo non da una posizione di subalternità, perché non abbiamo certo intenzione di lasciare ai 5Stelle la rappresentanza della sinistra né al Terzo Polo quella dei moderati: si tratta di voti che adesso vogliamo andarci a riconquistare”.

Nel Lazio, dove il centrosinistra poteva vincere, corrono da soli, in Lombardia sono entrati in coalizione per contenere le perdite. In queste Regionali Terzo Polo e M5s hanno avuto come primo pensiero quello di togliere voti al Pd? Con lei segretario, la “pacchia” sarebbe destinata a finire?

“Credo che 5Stelle e Terzo Polo avrebbero dovuto dimostrare una maggiore disponibilità a presentare candidature condivise. Detto questo, in Lazio e Lombardia la partita è apertissima e per il Pd corrono due candidati di grande valore come Alessio D’Amato e Pierfrancesco Majorino, che sosterremo con forza. Più in generale, però, registro come 5Stelle e Terzo Polo passino più tempo a criticare il Pd che a fare opposizione al governo, quando anche loro hanno perso le elezioni, in maniera ancora più netta che il Pd. Ribadisco ciò che ho detto più volte: troviamo temi comuni sui quali fare opposizione in Parlamento e nel Paese, a cominciare dalla sanità pubblica, che va difesa nel momento in cui la destra non stanzia le risorse che servono, avendo in mente un modello dove prevale la sanità privata. Ma non è questa la nostra idea di società, perché il povero come il ricco ha diritto alle migliori cure possibili attraverso il sistema sanitario nazionale, gratuito e universalistico”.

Il centrosinistra ha vinto solo quando si è presentato unito. L’ultima volta con Prodi nel 2006 e prima ancora nel 1996. Poi in nome dell’autosufficienza non è più riuscito a vincere le elezioni. Come se ne esce? Quale la strada per vincere le elezioni e per governare?

“Rimettiamo al centro il Pd, con un nuovo gruppo dirigente e una nuova identità. Un partito da combattimento col quale chi vorrà vincere le elezioni dovrà confrontarsi, a meno che non decida che sia meglio andare divisi, lasciando che Giorgio Meloni governi per molti anni ancora”.

Sei mesi per organizzare le primarie e intanto il Pd scende nei sondaggi. Cosa è mancato ai Dem negli ultimi anni?

“Se sarò eletto segretario non ci saranno più tempi così lunghi per fare il congresso. Servono modalità che ci mettano in sintonia con le persone e la società di oggi. Che è anche quello che è mancato in questi anni: la capacità di ascolto e di dare risposte ai cittadini. Chiarezza di programmi e proposte, poche cose chiare ed efficaci, da tutti comprensibili: scuola e sanità pubblica, meno tasse sul lavoro per buste paga più pesanti e meno costi per le aziende. Lo ripeto: il Pd deve tornare nei luoghi di lavoro, dove si studia e fa ricerca, dove si cura e si assiste chi più ha bisogno, dove si fa cultura e sport. Deve tornare presente in tutti i luoghi della socialità, parlando un linguaggio che sia comprensibile a tutti e occupandosi dei problemi reali delle persone: lavoro, sanità, scuola, ambiente. E’ il nuovo Pd che vogliamo costruire, dove ci sia spazio per tante e tanti e non decidano in pochi, dove la base sia realmente coinvolta e dove sindaci e amministratori locali abbiano finalmente un ruolo attivo: si tratta di donne e uomini per troppo tempo tenuti in panchina, ma che nei comuni vincevano le elezioni quando a livello nazionale venivano perse, abituati ogni giorno a confrontarsi con cittadini, famiglie, imprese, associazioni. Una classe dirigente nuova ma già sperimentata su, ripeto, i problemi reali”.

Lei pensa a un Pd a vocazione maggioritaria. Come si concilia con una sinistra plurale in un’ottica di dialogo con le altre forze politiche che mantengono una propria identità politica?

“Ripeto: la vocazione maggioritaria è il contrario dell’autosufficienza. La sperimentiamo con ottimi risultati da otto anni in Emilia-Romagna, dove governiamo con un’alleanza che va da Calenda alla sinistra radicale, senza avere un giorno di crisi. Ci riusciamo grazie all’accordo su un programma e non per convenienza, che rispetta da un lato le sensibilità legittime di ogni partito, dall’altro la responsabilità degli impegni presi di fronte agli elettori. Verificheremo se si potrà replicare anche a livello nazionale, dove, certamente, è necessario che Terzo Polo e M5s la finiscano di fare più opposizione al PD rispetto che al Governo. Senza PD non ci può essere alcuna speranza di battere questa destra, il dialogo sarà inevitabile e necessario se non vogliono consegnare il Paese alla Meloni per altri trent’anni”.

Quale collaborazione con il Psi, testimone dei valori fondanti la sinistra italiana, come i diritti dei lavoratori e quelli civili?

“Certamente proficua e positiva, come lo è stata in tutti questi anni, anche in Regione Emilia-Romagna e in tanti comuni. Apprezzo lo stile di far politica del Psi, erede di una tradizione nobile e ricca di figure fondanti della nostra democrazia: saper offrire contributi validi senza mai cadere in una delle tante polemiche, che invece hanno dilaniato il PD in questi anni è una lezione da cui abbiamo molto da imparare”.

Un giudizio sui primi mesi del governo Meloni.

“È serio dare il tempo a Giorgia Meloni di mettere in campo le proprie politiche, ma vedo segnali molto preoccupanti. E non mi riferisco alla grottesca retromarcia sulle accise della benzina, che scaricherà sulle tasche dei cittadini il costo della propaganda urlata in campagna elettorale dalla destra, incapace di mantenere le promesse. Farà più danni la flat tax che favorisce chi ha un reddito non certo benestante, ma nemmeno a rischio povertà, dimenticandosi invece di milioni di italiani nel dramma a causa dell’inflazione e del caro energia. E rischia di avere conseguenze drammatiche il mancato rifinanziamento alla sanità pubblica, che mette in pericolo un diritto fondante della nostra Repubblica come quello alla salute”.

Tutte le sere in tv si sentono esponenti del Pd che ripetono che è tutto sbagliato; non pensa che sarebbe giusto ma anche efficace per un’opinione pubblica oramai stanca, contrapporre proposte “toccabili” a quelle del governo

“Assolutamente sì. Per questo ho preso un impegno chiaro: se sarò segretario, il PD a ogni critica al Governo affiancherà una controproposta alternativa e concreta. Questo è fare politica in modo serio, non ne conosco altri”.

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