Avanti! della domenica del 28 gennaio 2023
L’apertura del direttore Giada Fazzalari
In Italia le diseguaglianze aumentano. Non è una notizia, si dirà. Ma a leggerlo, il rapporto Oxfam 2023, fa impressione e anche un po’ rabbia. La ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (il 31,4%).
La pandemia prima e la crisi energetica poi, con l’aumento dei prezzi e un tasso dell’inflazione mai così alto da quasi quaranta anni, e la recessione che incalza, rischiano di esasperare, ancora, come se non bastasse, il divario sociale del Paese. Prima il rapporto Istat, poi la denuncia Caritas di inizio anno, ora i dati di Oxfam lo confermano: in Italia 5,6 milioni di persone vivono in una condizione di povertà assoluta. Famiglie con il frigorifero vuoto, che non conducono una vita dignitosa, anziani che non possono curarsi, bambini che crescono sentendosi diversi dai loro coetanei più ricchi. E ancora, i salari crollano e gli adeguamenti non coprono l’inflazione. Una crisi del lavoro, che diventa lavoro povero, paurosa, che lascia indietro soprattutto giovani e donne. Un dramma di cui la politica non si occupa. Con un governo che, tra i primi atti che si ricordino, ha preferito puntare sul tetto al contante, il Pos, i rave party ed è finito per non vedere gli invisibili: in coda per un pasto caldo a Natale, sfrattati dalle loro abitazioni, senza cure perché indigenti. E una sinistra che si avvita sui congressi di partito, le regole, i nomi e le correnti. Non è dunque l’ora di introdurre un salario minimo legale? Abbattere il cuneo fiscale, premiare le aziende che assumono giovani e donne, abbassare la presone fiscale sui redditi dipendenti? Non sarebbe l’ora, comunque, per la sinistra, di battersi per una giusta causa? E’ l’anno zero, per questa sinistra, a partire dal nuovo corso del Pd, per ricominciare da capo. Non vorremmo mai sentirci dire dai nostri figli, tra vent’anni: “sinistra, ma tu dov’eri”?