di Stefano Amoroso
La crisi idrica nel Sud Italia è un problema complesso e multifattoriale, influenzato da elementi naturali, gestionali e strutturali. Le principali cause sono sicuramente i cambiamenti climatici, che comportano una drastica diminuzione delle precipitazioni: negli ultimi decenni, le regioni meridionali hanno registrato una riduzione delle piogge, accompagnata da un aumento delle temperature, che intensifica l’evaporazione. A questo si affiancano gli eventi estremi, come siccità più lunghe e frequenti, alternate a precipitazioni intense, che causano difficoltà nella raccolta e gestione delle acque. Un ruolo lo gioca anche lo scarso sfruttamento delle risorse idriche, e questo è paradossale per un territorio che è storicamente assetato di acqua potabile rispetto alla sua numerosa popolazione ed alle sue attività agricole e di allevamento. Tra i fattori scatenanti, poi, vi sono le perdite nella rete idrica: molte infrastrutture sono obsolete e causano perdite significative, con tassi che in alcune aree superano il 40%. A ciò si aggiunge la mancanza di invasi adeguati: la capacità di immagazzinamento dell’acqua è limitata, rendendo difficile gestire i periodi di siccità. Inoltre, gioca un ruolo anche lo scarso utilizzo del riciclo: la depurazione e il riutilizzo delle acque reflue sono ancora poco diffusi rispetto al potenziale. Ma a peggiorare nettamente le cose, vi sono le attività umane sbagliate e nocive, come lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali: il sovra utilizzo delle falde acquifere, per esempio, in alcune zone, causa l’abbassamento dei livelli e l’intrusione salina nelle aree costiere. A ciò si aggiunge la degradazione ambientale: deforestazione, consumo di suolo e cattiva gestione delle aree naturali riducono la capacità del territorio di trattenere l’acqua. Come se non bastasse, si aggiungono un settore agricolo inefficiente che genera un uso eccessivo di acqua per irrigazione: l’agricoltura, che rappresenta la maggiore consumatrice di acqua nel Sud Italia, spesso impiega metodi di irrigazione poco efficienti. Sono sbagliate anche le colture: utilizzare colture che richiedono molta acqua, per esempio, aggrava il problema. Come se non bastasse, si aggiungono atavici problemi di gestione e governance. Per esempio, la mancanza di una pianificazione integrata e coordinata tra regioni e settori complica l’allocazione efficiente delle risorse idriche. Ad essa si associano due problemi storici del Sud Italia, cioè corruzione ed inefficienza: ricorrenti problemi amministrativi e politici rallentano gli investimenti in infrastrutture moderne. Anche la crescita demografica e l’urbanizzazione giocano un ruolo, attraverso la pressione antropica, concentrata in alcune aree costiere, ed aggravata dal turismo di massa stagionale, che provoca picchi di domanda di acqua potabile difficili da gestire. L’urbanizzazione incontrollata ed abusiva, poi, con il conseguente consumo di suolo, riduce la ricarica delle falde acquifere. Infine, la batosta finale la dà l’inquinamento delle risorse idriche, con scarichi agricoli ed industriali non trattati che contaminano fiumi, laghi e falde acquifere. E, purtroppo, è diffuso anche l’uso di pesticidi e fertilizzanti: questi prodotti chimici si infiltrano nel suolo, peggiorando la qualità dell’acqua. Le voci che si sono levate da più parti, negli anni, per denunciare il disastro incombente, sono rimaste largamente inascoltate. Solo ultimamente, con il Pnrr approvato nel 2021 dal Governo Draghi, e rivisto (e largamente rimaneggiato) poco più di un anno dopo dal Governo Meloni, con l’ineffabile Ministro alla Coesione ed al Pnrr, Raffaele Fitto, a livello nazionale sono state messe a disposizione ingenti risorse per risolvere il problema: circa tre miliardi per ammodernare la rete idrica nazionale, in gran parte destinati al Sud. Troppo tardi, visto che sono stati impiegati solo in parte, e nel frattempo la crisi climatica colpisce pesantemente, ormai da tre anni in qua, gran parte del Sud. Il Governo Meloni ha anche cercato di rendere più efficiente la governance della preziosa risorsa idrica, come accaduto nel caso della società Acque del Sud Spa, istituita con la conversione del DL 44 del 2023, e destinata a prendere il posto dell’ormai fallito Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (Eipli), uno di quei carrozzoni pubblici creati per dare da bere al popolo, e destinati, come si dice con amara ironia al Sud, a dar da mangiare a pochi. Troppo poco, e troppo tardi, purtroppo: come dimostrano le terribili scene di intere aree senz’acqua, dalla Campania alla Sicilia, dalla Puglia alla Sardegna e alla Calabria, e degli assalti alle condotte d’acqua, siamo ormai oltre la cronica crisi: siamo vicini al baratro di un intero pezzo di Paese in crisi per la mancanza del bene più vitale e prezioso: l’acqua.