di Stefano Amoroso
S’intitola “Per l’Italia…prima e dopo l’8 settembre 1943” il calendario 2024 delle Forze Armate. Fortemente voluto dalla sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti, figlia di Pino, noto esponente della corrente spiritualista del MSI e cofondatore di Ordine Nuovo, l’almanacco del 2024 celebra alcuni militari che furono medaglia al valore dopo il 1943, ma che si erano distinti anche prima, e dunque in epoca fascista. Un altro passo avanti da parte del Governo dei parificatori, per i quali i morti sono tutti uguali, il valore dei combattenti prescinde dal colore politico e dalle ragioni ideali e pratiche che muovevano i governanti, e persino le loro idee politiche passano in secondo piano, di fronte all’ardimento ed alla capacità di combattere. Le opposizioni sono subito insorte, insieme all’Anpi, ed è facile capire il perché: celebrare questi combattenti è un altro passo verso la piena riabilitazione del fascismo. Cosa aspettarsi ora? Un calendario dedicato ai “valorosi combattenti” della Repubblica Sociale Italiana, il regime collaborazionista dei nazisti che si macchiò di crimini orrendi contro la popolazione civile e gli oppositori interni? Né la Germania, né alcun altro Paese alleato dell’Asse, ha mai celebrato a livello istituzionale i combattenti nazifascisti della Seconda Guerra Mondiale. L’unica eccezione è stata, finora, il Giappone. Ma parliamo di un Paese con una situazione sociopolitica completamente diversa e con tradizioni militari e religiose distanti dalle nostre. È noto che ci furono valorosi combattenti anche tra le fila degli eserciti dell’Asse e loro alleati, così come ci furono dei veri e propri criminali senza scrupoli tra i combattenti degli eserciti Alleati. Anzi, la storia di un manipolo di questi manigoldi è stata narrata con dovizia di particolari sanguinari dal regista americano Quentin Tarantino, nel film “Bastardi senza gloria”. Buoni e cattivi, come sempre, sono dovunque. Ma ciò non cambia di una virgola il senso della storia della Seconda Guerra Mondiale, che è stata la prima guerra su scala mondiale che ha avuto profonde motivazioni ideologiche, religiose e politiche. Pertanto non si possono usare gli stessi canoni usati per le guerre del passato. Inoltre non si può neanche parlare di “ravvedimento” dei militari che combatterono con valore sia prima che dopo l’8 settembre 1943: infatti, sia prima che dopo quella data, combatterono nelle fila del Regio Esercito, agli ordini del Re Vittorio Emanuele III che era il Capo Supremo delle Forze Armate. Il quale, molto semplicemente, ad un certo punto del conflitto, cambiò schieramento. Sarebbe stato meglio, dunque, celebrare chi disobbedì agli ordini pur di salvare la vita di civili innocenti o degli ebrei e delle altre minoranze perseguitate. Oppure ricordare chi ebbe il coraggio di schierarsi contro il suo Paese, ed a favore degli Alleati, per dare un futuro democratico all’Italia. Invece, nel 2024, ci troviamo a celebrare il “buon fascista” come in “Comandante”, la controversa pellicola di De Angelis, che prima affonda una nave nemica e poi salva l’equipaggio, portandoli in un porto sicuro. L’idea di fondo è che combattere in maniera valorosa e leale sia più importante della ragione per cui si combatte: un’idealizzazione cavalleresca che poteva andar bene per i duelli medievali, ma non per le letali guerre di massa dell’età contemporanea. In guerra, come in politica, non sempre uno vale uno.