di Stefano Amoroso
Non accennano a placarsi le polemiche per il PNRR “Italia domani”, dopo l’approvazione della quarta rata da 16,5 miliardi, che era stata presentata lo scorso agosto alla Commissione europea, ed è stata da questa approvata pochi giorni fa. Se non ci saranno colpi di scena, al momento non prevedibili, il prossimo 8 dicembre il Consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze d’Europa, l’Ecofin, darà il via libera anche a questa tranche. A quel punto l’Italia avrà portato a casa 101,9 miliardi, vale a dire oltre il 53% dei 191,5 miliardi totali. Il Governo Meloni, con in testa il ministro Fitto, ovviamente canta vittoria. Tuttavia va sottolineato che l’attuale “Italia domani” è solo un lontano parente del PNRR presentato in Europa nell’aprile 2021 dal governo Draghi e definitivamente approvato dal Parlamento nel mese successivo. Innanzitutto sono cambiate le dimensioni: il piano originario prevedeva 248 miliardi d’investimenti, mentre oggi se ne prevedono 191,5 in tutto. Dunque, una riduzione di quasi il 23%, ovvero 56,5 miliardi. A farne le spese sono stati principalmente i capitoli destinati all’inclusione sociale, all’ambiente, giovani e piccoli Comuni, soprattutto al sud. Dunque, niente più fondi (o tagli drastici) per il capitolo “interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio ed efficienza energetica dei Comuni” (spesa prevista: 6 miliardi di euro), per “progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale” (c’erano 3,3 mld di euro) e neanche per la “gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico” (1,3 mld € tagliati), né per “l’utilizzo dell’idrogeno in settori hard-to-abate”, ovvero quei settori in cui è molto difficile ridurre le emissioni di CO2. Valeva 2 miliardi di euro. Certo, l’Italia non può scherzare col suo debito pubblico e non può permettersi di disperdere risorse; ma i 42.786 progetti già approvati e per i quali erano state stanziate delle risorse che ora non ci sono più, che fine faranno? Inoltre, si pone un problema di visione strategica e di equità sociale. E che dire dello scandaloso taglio ai fondi per prevenire i danni da alluvioni, quando abbiamo ancora negli occhi le immagini disastrose delle recenti alluvioni in Romagna e nelle province di Prato e Pistoia, solo per citarne due tra le più recenti? E siamo così sicuri che le periferie degradate delle nostre grandi e medie città, o le aree interne isolate, non meritassero fondi ed attenzioni? Si può affrontare in mille modi diversi il grande tema degli investimenti pubblici, fermi da troppo tempo in questo Paese. Tuttavia, non è tagliando risorse per i più deboli ed alle aree interne, o per la tutela ambientale, che andremo molto avanti: si rischia molto di più così, che non sforando di qualche decimo di punto i vincoli di bilancio.