di Alessandro Silvestri
Passano le settimane e i mesi, ma il copione del Governo Meloni non cambia. Non si fa in tempo ad “abituarsi” ad uno scandalo, grande o piccolo, ad una forzatura delle prerogative dell’Esecutivo, che lorsignori (e signore) ci stupiscono con nuovi effetti speciali. E l’opinione pubblica non fa in tempo a digerire un accrocchio che subito è pronto ad entrarne in scena uno nuovo cadenzato dall’utilizzo massiccio della decretazione d’urgenza. Esattamente quella ferocemente criticata durante i governi precedenti nel pieno della crisi Covid. Dal caso Donzelli/Delmastro, scattato al “pronti via” fino ad oggi, non basta ormai più una paginata intera solamente per la cronologia di pastette e tripli salti mortali, offertici settimanalmente dal Governo. Tocca per forza concentrarsi sugli ultimi due “incidenti” in rapida successione. Quelli che hanno visto protagonisti Gasparri e Crosetto. L’ex vice-presidente del Senato, spedito con rapidità supersonica a fare il capogruppo di Forza Italia al Senato, sostanzialmente per la magagna fatta emergere da Report (RAI 3) sulla mancata dichiarazione alla giunta delle elezioni del suo incarico in una società milanese con soci israeliani, di cyber-security. La Cyberealm della quale risulta presidente. Azienda che ha operato e opera con lo Stato italiano, e con i servizi segreti di altri paesi, mica cotica. Un fatto tutt’altro che di poco conto visto che proprio le attività parlamentari di Gasparri hanno coinciso spesso negli ultimi anni proprio con i temi della sicurezza informatica del Paese. Oltretutto Gasparri, proprio in sede di vigilanza RAI, si è preso pure il lusso di chiamare in audizione Ranucci accusandolo di agire per vendetta nei suoi confronti, concedendosi pure un intermezzo di cabaret (uno dei suoi innumerevoli talenti) tirando fuori la bottiglietta di cordiale e la carota, pur sapendo (o proprio per questo) che era in corso da circa tre settimane l’indagine giornalistica sul suo conto. Un tentativo bislacco di intimidazione, che evidentemente ha sortito più che un fiasco, una damigiana. Ed ecco anche spiegata, in parte, la doglianza di un solitamente cauto Guido Crosetto, sul presunto pericolo di “opposizione giudiziaria” della magistratura nei confronti del Governo. A naso, un mettere le mani avanti, rispetto ai temporali che stanno arrivando su alcuni personaggi della maggioranza, una sorta di messaggio assai poco subliminale ai propri elettori per avvisarli che tutto quello che sta per accadere è funzionale a delegittimare la Meloni e quindi la strategia formidabile di Crosetto sarebbe quella di delegittimare a sua volta in anticipo ogni eventuale inchiesta. Una mossa parecchio sopra le righe, che ha sollevato immediatamente ripercussioni un po’ in tutti i settori della magistratura, dei giornali non schierati col destra-centro e finanche delle opposizioni. Sarà forse per questo, che uno dei più noti cavalli azzoppati dell’antica pattuglia che portò alla ribalta Giorgia Meloni dalle sezioni di borgata, su su fino a Palazzo Chigi, Gianni Alemanno in Rauti, è diventato il più acerrimo concorrente della Presidente del Consiglio e di FdI, dal quale dovette dimettersi per via dei processi, poi trasformatisi in condanne definitive, su “Mafia Capitale” e “Mondo di mezzo”, senza evidentemente ricevere quella solidarietà di partito che si sarebbe aspettato. E così, al grido di “fuori dalla Nato, fuori dalla UE e dalla dittatura dell’Euro” si appresta da destra ma anche da sinistra, “Fratelli d’Italia è ormai peggio della DC”, a dare battaglia e fare concorrenza a Giorgia assieme ad una assortita compagine di rivoluzionari barricaderi da fare invidia ai populisti trumpian-putiniani che hanno assaltato Capitol Hill, col suo neonato movimento “Indipendenza”. Tra i fondatori per adesso, benedetti dalla presenza sul palco di Marco Rizzo, a volte più a destra dello stesso Alemanno e viceversa, soltanto qualche frattaglia di AN e Casapound. Insomma, aspettando a braccia aperte anche la sua versione più recente, quella dei no-vax, il rossobrunismo italico ha trovato “finalmente” casa e ricorda con una certa nostalgia, i tempi passati di quando Pietro Nenni osservava che il Parlamento italiano, di fronte alle tendenze connaturate nell’estremismo di destra e di sinistra, da emiciclo si sarebbe trasformato prima o poi in un cerchio perfetto. Carissimo compagno Nenni, avevi azzeccato anche questa.