Il “pacco” Nordio è truffa e Meloni vuole più galere

di Lorenzo Cinquepalmi

Siamo nel 2024 da pochi giorni e già questo nuovo anno deve contare due morti in carcere, una per suicidio. Nel 2023 appena concluso, il carcere è diventato la tomba per 155 detenuti, 68 dei quali si sono dati la morte. Una morte in galera ogni due giorni, un suicidio ogni cinque. La situazione è, evidentemente, insostenibile, e il 2023 non ha rappresentato il picco, se l’anno prima erano morti 171 detenuti, di cui 84 suicidi. E così, al Presidente del Consiglio dei Ministri Meloni, nella sospirata conferenza stampa del 5 gennaio, un giornalista ha chiesto cosa pensasse il Governo della situazione delle carceri e che iniziative intendesse assumere. La risposta è stata banale, ma della banalità del male: è vero che c’è un problema di sovraffollamento, ma va risolto ampliando la capienza delle carceri, e non mai con strategie di progressiva riduzione della popolazione carceraria. Eppure, è facile capire per chiunque che in carcere c’è tanta gente che non dovrebbe esserci, a partire da coloro che, affetti da patologie psichiatriche, dovrebbero essere ricoverati nelle REMS, residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Strutture che, però, praticamente non ci sono. Così, una persona con un disturbo mentale che viene arrestata, finisce in carcere, e lì, purtroppo spesso, si suicida, come ha fatto pochi giorni fa un ragazzo di 25 anni ad Ancona. E per tacere di tutti quei detenuti che sarebbero nelle condizioni di scontare la pena con una misura alternativa alla detenzione, ma non riescono a farlo perché mancano le strutture esterne, perché educatori e assistenti sociali sono un quarto di quanti dovrebbero essere e la magistratura di sorveglianza risponde in mesi anziché in giorni. Ma la risposta del Governo è: più galera. E il ministro garantista desaparecido Nordio, allora, ricompare per stendere cortine di fumo promuovendo un pacchetto giustizia che in realtà è un pacco, come le vecchie stecche di sigarette piene di segatura. Invece di affrontare decisamente temi essenziali per un ministro di Giustizia, come l’inaccettabile disumanizzazione delle persone ristrette o come le strategie di riduzione della recidiva, per tacere della più grande delle riforme per una giustizia giusta: la separazione delle carriere, il desaparecido si balocca con l’abolizione dell’abuso d’ufficio, la moltiplicazione dei Gip, che dovranno essere i tre per ordinare l’arresto, e l’interrogatorio dell’indagato prima dell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare. Per tacere dell’ennesimo divieto di diffusione delle intercettazioni, come se il divieto non esistesse già. In una parola: fuffa. Fuffa perché il pubblico ufficiale che abusa dei suoi poteri commette un illecito che non può non essere reato, e allora il tema vero sarebbe impedire distorsioni e forzature degli ex colleghi del ministro, non abolire un reato che è necessario conservare per tutelare il cittadino dagli abusi dei funzionari pubblici. E quindi, se il problema sono le forzature, allora separare le carriere serve di più che abolire reati. E poi, se vogliamo che gli indagati siano più garantiti dall’eccesso di carcerazione preventiva, non è certo affiancando ai Gip due loro colleghi di stanza o di corridoio che si risolve il problema, ma contrastando la contiguità osmotica tra procure e giudici. Cioè, ancora una volta, separando le carriere. Quanto poi alla trovata di chiedere cosa ne pensa del suo arresto all’indagato prima di arrestarlo, la carità di patria suggerisce l’astensione da commenti per evitare di essere troppo sarcastici. Nordio aveva suscitato speranze e aspettative, e la delusione che deriva dal suo essere evaporato è superata solo dallo sdegno per la deriva manettara e forcaiola di un Governo del quale un garantista vero dovrebbe rifiutarsi di far parte. Mentre la condizione dei detenuti è indegna, non della culla del diritto, ma anche solo di un Paese mediamente civile, e mentre una magistratura sempre più carrierista e sempre meno sensibile al dovere di fare giustizia, carcera allegramente al ritmo di mille detenuti assolti all’anno, il ministro della Giustizia desaparecida soffia fumo negli occhi agli italiani con sedicenti riforme che non servono a niente. Non c’è che dire: un gran bel pacco.

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