di LMC
Quale ricordo rimane, in chi lo ha conosciuto, di Felice Besostri, mancato nelle prime ore del giorno dell’Epifania? Per molti resterà il ricordo dell’acuto giurista, esperto di diritto costituzionale ed elettorale, capace di provocare e di vincere ben due giudizi davanti alla Corte Costituzionale e di impallinare due diverse leggi elettorali. Qualcuno in meno, dal momento che la cultura politica e la sua pratica sono meno all’attenzione delle cronache, ricorderà Besostri come un ex senatore di sinistra, libertario e generoso del suo tempo e delle sue energie nel portare avanti gli ideali riformisti in ogni spazio e dimensione possibili. Per un numero ancora più ridotto, colleghi, patrocinati e giudici, il ricordo sarà quello di un valente avvocato amministrativista, tra i migliori nella materia più vasta e complessa della giustizia. Infine, per chi gli fu compagno nella fede, Felice incarnerà il ricordo di un socialista senza riserve, un socialista assoluto, come sanno essere i socialisti veri. Un compagno che rispondeva sempre e che non si sottraeva mai; che anche negli ultimi anni, nonostante l’età e, soprattutto, la malattia gli rubassero le forze, ha continuato, veramente fino all’ultimo respiro, a lavorare da socialista in ogni occasione, si trattasse di partecipare a un evento o di contribuire alla redazione di un documento. Per Felice, l’impegno giornaliero per la libertà e per i diritti era il dovere del socialista, un dovere a cui adempiere, come ha fatto, fino all’ultimo respiro, perché solo così, come scriveva De Amicis dell’essere socialisti, si è degni dell’espressione del più alto stato a cui la nostra coscienza e la nostra vita di uomini e di cittadini si siano sollevate. Felice, come i compagni di una volta, era socialista in tutto ciò che faceva; non c’era, non poteva esserci, un aspetto della sua vita, del suo viverla, del suo relazionarsi con chiunque, nella professione, nelle relazioni sociali, nel tempo libero, che non fosse intriso dell’appartenenza all’ideale. Come dicevano i compagni di un secolo fa, all’idea. Così Felice viveva il suo essere socialista come non si potrebbe altrimenti: un’esperienza totalizzante. E così lo ricordiamo noi, affrontando il dolore di esserci separati da lui col sorriso e con l’impegno di mostrarci orgoliosi d’essergli stati compagni.