Il mito Gigi Riva e l’Italia anti-retorica che ci manca

di Nautilus

Gigi Riva apparteneva a quella generazione di ragazzi del popolo, nati durante la seconda guerra mondiale o subito dopo, che attraverso il calcio trovarono la loro emancipazione. Quella era un’Italia frugale e classista, nella quale per farti strada, dovevi faticare e poteva non bastare. Tanti ragazzi non benestanti si facevano largo grazie al calcio e Gigi Riva, ragazzo di poche parole e con una storia famigliare dolorosissima, si affermò a suon di gol, sino a diventare il più forte attaccante del calcio italiano e dunque uno dei calciatori più grandi della storia del football mondiale. Ma il successo non lo cambiò. Restò sempre sé stesso: un uomo che detestava la retorica. Lui che era riconosciuto come un campionissimo, non fu mai sentito parlarsi addosso, sbrodolarsi in auto-elogi, né in interviste, né in chiacchiere al bar. Quando, da dirigente della Fgci, dovette esprimere un dissenso sulla gestione del pullman degli azzurri campioni del mondo del 2006, lo fece attraverso i canali giusti. Gli interessava intervenire sull’evento, non far sapere del suo interessamento. Certo, un tratto personale per lui lombardo di Leggiuno che si era trovato splendidamente con i sardi di poche parole. Ma in quella sobrietà c’era anche un tratto legato all’epoca nella quale si formò. L’Italia, tra il 1945 e il 1970, era un’Italia nella quale – ferme restando le diversità sociali e politiche – sopravviveva l’idea di un destino comune nel quale inserivi il tuo personalissimo destino. Le battaglie erano collettive, Se vincevi uno scudetto, certo “W Riva”, ma tutti sapevano che da solo “Rombo di tuono” non ce l’avrebbe fatta. E allora, grazie alla società, al presidente, agli altri giocatori, ai tifosi. E questa consapevolezza di un destino collettivo, era una corazza che ti proteggeva dall’individualismo e dalla retorica aggressiva, che ti porta a scaricare tutta la colpa sugli altri. Uomo di poche e calibrate parole, Riva aveva fatto parte dell’Assemblea nazionale del Psi nella stagione di Craxi, aveva idee di sinistra e fino all’ultimo ha difeso quel suo profilo rigorosamente anti-retorico. La sua era un’Italia che sta tramontando, ma in tanti – anche under 50 – hanno condiviso e continuano a condividere quei valori civili.

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