di Alessandro Silvestri
A parte la Cina, unica potenza mondiale a non avere (per ora) problemi di turbolenze elettorali, il voto europeo 2024 e quello di una larga fetta dell’anguria verde e blu sulla quale abitiamo, risulta già a detta di molti, un appuntamento cruciale di una qualche portata storica. Perché è del tutto evidente che con due guerre in corso ai nostri confini (politici e geografici), gli USA destabilizzati dal trumpismo e l’Europa in preda ad un rigurgito neofascista, i nuovi assetti politici della UE che scaturiranno dalla consultazione elettorale di giugno, saranno determinanti non solo per noialtri, ma per gli equilibri stessi del mondo, in questa prima metà di XXI secolo. Ecco perché, le forze politiche socialiste, democratiche, europeiste, ambientaliste e progressiste d’Europa, sono chiamate ad una mobilitazione straordinaria, di quelle che lasciano il segno per molti decenni a venire. Noi socialisti in maniera particolare, che per primi abbiamo iniziato a plasmare il sogno di una Europa unita, solidale e pacifica; noi che siamo la seconda forza politica continentale, in attesa che i nostri fratelli inglesi tornino sui propri passi, abbiamo una responsabilità ideale, storica e politica imprescindibile. I dati delle ultime elezioni nei vari Paesi Ue, non sono stati tuttavia così malevoli per i partiti socialisti continentali. Dal Portogallo alla Spagna, Danimarca, Slovacchia, Germania, Malta e Romania, dove esprimiamo il primo ministro. Così come in Belgio, Polonia, Slovenia, Serbia, Estonia, Lettonia dove i partiti socialisti governano in coalizione. Meno bene sono andate le cose, come sappiamo, in Francia, Paesi Bassi, Irlanda, Finlandia, Svezia, Italia, Austria, Cechia, Croazia, Ungheria, Bulgaria, Grecia, Lussemburgo, Lituania, Cipro. Considerazioni e analisi che saranno affrontate a Roma in questi giorni dal congresso del Pes, che oltre a definire i punti essenziali della campagna elettorale, investe formalmente anche il candidato socialista alla guida dell’Unione (spitzenkandidat) il lussemburghese Nicolas Schmit, economista e politico di lunga esperienza, commissario uscente al lavoro e alle politiche sociali. Non casuale la scelta di Roma, uno dei Paesi dove la svolta a destra è stata più dirompente, con gli alleati della Le Pen, di Orban, di Milei, dei neonazisti della AFD, di Trump, di VOX, di Wilders e persino di Putin, sono al governo.
Padroni di casa il Psi, partito fondatore del Pse e il Pd, rinfrancati entrambi dallo straordinario successo delle elezioni sarde, primo serio altolà elettorale a Giorgia Meloni a poco meno di un anno e mezzo dalla conquista di Palazzo Chigi e a tre mesi dalle europee. Numerose le iniziative dei vari tavoli di lavoro dislocati nella Capitale, in attesa della convention vera e propria che si tiene il 2 marzo al centro congressi “La Nuvola” all’Eur. La sede del Psi ha ospitato due partecipatissime assemblee. Nella mattinata la riunione dell’Eso (l’associazione del Pes che si occupa degli interessi e dei diritti dei cittadini della terza età), mentre nel pomeriggio si è discusso delle questioni geopolitiche dei Balcani Occidentali e delle politiche di genere in vista dell’adesione in fieri della Macedonia del Nord. Presenti per l’Italia Enzo Maraio, Piero Fassino e Pia Locatelli. Ancora nel pomeriggio il congresso dei giovani socialisti (Yes) e il forum annuale delle socialiste. Il Congresso del Pse vedrà dunque in discussione il Manifesto programmatico suddiviso in venti punti, in vista della sfida di giugno, intitolato “L’Europa che vogliamo: sociale, democratica, sostenibile”. Non solo la solita e consumata lista di wishful thinking, ma un doppio decalogo permeato di cultura politica, giocato spavaldamente all’attacco, nei confronti delle questioni interne e di quelle internazionali. La sola linea difensiva non può più bastare ad affrontare i temi difficili del presente e del futuro. Ecco che temi fondamentali come il lavoro, sicuro e di qualità; lo sviluppo sostenibile e la transizione energetica; l’intervento pubblico in economia; la giustizia sociale e fiscale; il diritto alla casa a costi accessibili per tutti; la sanità pubblica e universale; i servizi pubblici e il welfare diffuso; la tutela ambientale coniugata con lo sviluppo dell’agricoltura; la sicurezza dei cittadini e delle comunità, dai confini continentali alle piccole realtà locali; gli investimenti nella cultura e nella coesione sociale; la difesa dei principi democratici e dello Stato di diritto; le politiche di genere e il nuovo protagonismo femminile nel mondo del lavoro e nelle istituzioni; l’abbattimento delle barriere discriminatorie; la gestione comune dei richiedenti asilo e dei migranti; una Europa più accogliente e disponibile per le giovani generazioni; la promozione dello scambio culturale e solidale tra le generazioni; il governo delle nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale al rafforzamento della diffusione dei diritti e dei doveri nel mondo digitale; l’implemento delle prerogative politiche ed economiche della UE; il ruolo di garanzia internazionale dell’Europa per la pace e lo sviluppo, anche attraverso lo strumento della cooperazione; tornano al centro dell’agenda politica dei socialisti europei. In vista, lo auguriamo a tutti i cittadini dell’Unione, della nascita degli Stati Uniti d’Europa, un ‘sogno’ iniziato 130 anni fa con Filippo Turati, padre fondatore del socialismo italiano, e che vede l’adesione ideale di partiti che abbiano valori e simboli comuni, in tutti gli stati federali prossimi venturi.