Il film su Berlinguer? Una storia che meritava più verità

di Anna Russel

Ugo Finetti ha recentemente mosso delle critiche alla versione fantasiosa contenuta nel film dedicato ad Enrico Berlinguer “La grande ambizione”, di Andrea Segre. Cosa non ti ha convinto?

«All’origine c’è un’intervista di “Panorama” a Macaluso. Siamo nel 1991. È l’“annus horribilis” del comunismo italiano con il crollo del comunismo e l’apertura degli archivi sovietici. I giornalisti incalzano Macaluso sui finanziamenti del Pcus al Pci e lui reagisce tirando fuori che i sovietici hanno cercato di far uccidere Berlinguer in Bulgaria. In realtà all’epoca nessun altro dirigente comunista lo conferma e Macaluso fa marcia indietro. Successivamente con l’esplosione di Mani Pulite – criminalizzazione degli anticomunisti e idealizzazione dei comunisti – questa tesi viene ripresa ed esaltata».

Perché è una fake news?

«Innanzitutto non esiste il movente. Chi l’ha sostenuta come nel libro di Fasanella del 2005, “Berlinguer deve morire” cita un diverbio che ci sarebbe stato con il leader del Pc bulgaro, Todor Zikov, ancora sulla presa di posizione critica del Pci nel 1968 di fronte all’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Posizione sostenuta dall’intero Pci e dove, anzi, a Berlinguer si deve una “ricucitura” con il Pcus in occasione della conferenza dei partiti comunisti a Mosca nel 1969 in cui accettò di non ribadire quel dissenso. La ricostruzione di Fasanella non è attendibile anche perché nel citare il diverbio scrive – addirittura tra virgolette – una frase che è impossibile che Berlinguer abbia pronunciato circa il fatto che vi era in Italia un governo di centro-destra. Siamo nell’ottobre del 1973. Il governo Andreotti-Malagodi non c’è più e da luglio c’è di nuovo il centro-sinistra con il governo Rumor».

Quindi non ci fu alcun attentato?

«In realtà nell’incidente l’unico scampato è proprio Berlinguer che perde una scarpa e ha qualche escoriazione. Il giorno dopo è in piedi e può tornare in Italia. Nel sostenere l’attentato si nasconde il fatto che Berlinguer era accompagnato “con tutti gli onori” dai massimi dirigenti del Pci bulgaro che invece furono le maggiori vittime. Ad accompagnare Berlinguer all’aeroporto di Sofia con un corteo di auto, accanto a lui c’era addirittura il numero due del Pc, il vice di Zikov, Boris Velchev, che perde i sensi, ha tre denti rotti, gamba fratturata e lesione alla pupilla. L’altro esponente del vertice del Pc bulgaro è il responsabile della commissione esteri, Konstatin Tellalov che insieme all’interprete vola fuori dall’auto. L’interprete muore. Tellalov è ferito e sanguinante, ma sopravvive. Che fosse un attentato con strage di massimi dirigenti fedelissimi di Zikov è un’assurdità. Del resto successivamente Berlinguer va in vacanza con la famiglia in Urss ospite di Breznev e, successivamente il 24 giugno del 1975, ha “un cordiale incontro” (il quotidiano del Pci “L’Unità”) con Zikov all’ambasciata bulgara di Roma».

Quindi per oltre dieci anni si è mantenuto riserbo per non dire che si é occultato un episodio che avrebbe dovuto essere considerato gravissimo all’epoca.

«Con tutto il rispetto per Macaluso, ma la tesi secondo cui dell’attentato ne avrebbe parlato solo con lui non è verosimile. Chi era Macaluso tra il 1973 fino alla scomparsa di Berlinguer nel 1984? Una personalità importante, ma tutto sommato di secondo piano nel Pci di Berlinguer. Non era nel suo “inner circle”. Come si fa credere che in dieci anni – persino nella polemica sull’eurocomunismo – Berlinguer non ne abbia mai fatto parola ai suoi più intimi collaboratori a cominciare da Tonino Tatò che nelle sue note – “Caro Berlinguer (1969-1984)” – non ne fa cenno? Così il suo fraterno amico Ugo Pecchioli che era appunto il responsabile del Pci sui temi della “sicurezza”. Nell’“annus horribilis” la vedova conferma Macaluso, ma interpellata per le precedenti biografie del marito di Chiara Valentini e di Giuseppe Fiori non trapela nulla. Giuseppe Fiori definirà le parole di Macaluso una “fantasticheria”: “Quel giorno, il conducente dell’auto spinse troppo l’acceleratore. Un sorpasso azzardato”. A smentire Macaluso furono diversi dirigenti vicini a Berlinguer e in particolare Alessandro Natta, suo successore alla guida del Pci. È significativo che uno dei principali collaboratori di Berlinguer, Luciano Barca, pubblicando i suoi tre volumi di importanti diari della sua partecipazione alla Direzione nazionale del Pci (“Cronache dall’interno del vertice del Pci”, Rubbettino 2005) proprio alla data del 3 ottobre 1973 aggiunga questa nota: “È strano che solo dopo molti anni, nel 1991, Emanuele Macaluso abbia parlato di un attentato del KGB. Allora l’ipotesi di qualcosa di sospetto non fu assolutamente avanzata da Berlinguer, neppure nel pensatoio ristretto del IV piano”. Il “pensatoio ristretto del IV piano” era il gruppo di fedelissimi con cui appunto aveva il massimo di confidenza. Non c’è altro da aggiungere per smentire l’invenzione dell’attentato».

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