I trattori della discordia incastrano il Governo

di Stefano Amoroso

L’eclatante protesta del mondo agricolo europeo ha colto più di un commentatore alla sprovvista. Eppure, il fuoco covava sotto la cenere da diverso tempo. Sono almeno vent’anni, infatti, che la vecchia Politica Agricola Comunitaria, la famosa PAC, ha cambiato pelle: si è passati da una politica a sostegno economico del settore primario (agricoltura e foreste) a strumenti volti a incoraggiare la domanda dei beni alimentari, soprattutto di qualità, provenienti dalle filiere agroalimentari europee. Il modo in cui sono state utilizzate le risorse, tuttavia, è stato profondamente diverso da Paese a Paese. Infatti, mentre i pragmatici tedeschi e gli altri nordici si sono dedicati, con successo, a realizzare delle filiere agroalimentari di qualità, che proteggono la produzione nazionale e promuovono un’alimentazione più sana e responsabile, nell’Europa mediterranea si è puntato soprattutto sul marketing e sull’informazione. E infatti, i Paesi che hanno usufruito maggiormente dei fondi per l’informazione e la promozione dei prodotti agricoli, sia sul mercato interno sia nei Paesi terzi, sono stati soprattutto Italia e Spagna. Questa politica, se da un lato ha reso più forti le DOP e le IGP di cui i due Paesi mediterranei sono ricchi, ha però rafforzato enormemente il potere della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). Infatti, al di là di poche, grandi DOP che hanno un vero potere di mercato, e che in Italia si contano probabilmente sulle dita di due mani, la stragrande maggioranza delle produzioni di qualità deve passare attraverso le forche caudine della GDO e dei grossisti per arrivare al consumatore. Inoltre, il crescente successo di programmi dedicati alla cucina ed alla gastronomia ha fatto sì che il consumatore medio sia molto più informato sulle caratteristiche e proprietà dei prodotti, ed abbia un’elevata aspettativa sulla qualità dei prodotti, unita però ad una disponibilità di spesa che non è elevata, visto che i salari continuano a ristagnare. In questo contesto già teso, in cui si chiede ai produttori di rispettare elevati standard di sicurezza e qualità agroalimentare, ma senza remunerarli come sarebbe giusto, la politica europea del Green Deal è piombata come un macigno in uno stagno: ridurre del 50% l’uso dei pesticidi, eliminare i sussidi all’uso del gasolio in agricoltura e penalizzare il consumo eccessivo di acqua, se da un lato sono misure più che giustificate per contrastare la grave crisi climatica in atto, rischiano veramente di mettere definitivamente al tappeto il già provato settore agricolo italiano. Perciò l’eclatante protesta (anzi, le proteste, visto che ci sono almeno due organizzazioni in competizione tra di loro, in campo in questi giorni) degli agricoltori italiani non deve sorprenderci. I due partiti sovranisti al Governo, che invece pensavano di avere ormai acquisito quella fetta di elettorato e di settore economico, hanno avuto un brusco risveglio. La Meloni si è precipitata a garantire risorse (che, peraltro, erano già state spostate sul settore agricolo) ed a ripristinare parzialmente l’esenzione dell’Irpef per i produttori agricoli. Istituita da Renzi nel 2017, questa esenzione era stata abolita dal Governo Meloni, in piena linea di continuità con la sua politica di austerità economica, ma con ampie eccezioni per i propri bacini elettorali preferiti. Ora, la Meloni annuncia la reintroduzione dell’esenzione, ma solo per un’Irpef fino a 10 mila euro. Il che corrisponde a redditi dominicali piuttosto bassi: un pannicello caldo e nulla più. E infatti la protesta non si ferma. È sceso in campo, ovviamente, anche il Cognato d’Italia, al secolo Francesco Lollobrigida, ministro dell’agricoltura. Il problema è che la sigla che ha incontrato, Riscatto Agricolo, non è che una delle tante in campo, e neanche la più rappresentativa. Se il suo portavoce, Filippo Goglio, si mostra disponibile alla trattativa e vuole tenersi al di fuori della contesa politica, va però registrato che lo slogan apparso sui social di Riscatto Agricolo, appena pochi giorni fa, era “marcia su Roma” , con dei trattori su sfondo nero: non proprio un messaggio rassicurante. Su posizioni ancora più oltranziste, care a Salvini, si trova il “CRA agricoltori traditi”, guidato dall’ex forcone Danilo Calvani. Uno che si dice pronto ad invadere Roma con i suoi trattori, e che dà un ultimatum al governo di cinque giorni per recedere da tutti i trattati comunitari, e per le dimissioni del ministro Lollobrigida. È proprio vero che chi di trattore ferisce, di trattore rischia di perire.

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