Intini, un timido col coraggio del leone

di Rodolfo Ruocco

Conoscevo bene Ugo Intini. Lo incrociai nel lontano 1978, quando arrivò a Roma come direttore responsabile dell’Avanti!, il giornale al quale collaboravo come volontario dal 1976. Firmò la mia assunzione nella primavera del 1980. All’Avanti!, quotidiano del Psi, trovai una magnifica, vivace scuola di giornalismo e di libertà. Intini era un giornalista fuoriclasse, nato e cresciuto a Milano, un convinto socialista, riformista e libertario. L’amicizia e la collaborazione con Bettino Craxi, segretario del Psi e presidente del Consiglio, era forte ma non priva di problemi. Intini aveva un carattere timido e riflessivo, Craxi irruento. Ma tutti e due credevano fortemente nel socialismo democratico, nel Psi difensore della libertà, dei più deboli, della giustizia sociale, del diritto di tutti i popoli all’autodeterminazione, nell’Europa unita, nell’Italia schierata con l’Occidente ma non subalterna degli Stati Uniti. Entrambi vivevano la politica nel mito di Filippo Turati e di Pietro Nenni. Timidezza e coraggio andavano di pari passo in Ugo. Fu rispettoso nelle sue aspre polemiche con il Pci perché ancorato al mito del comunismo e contrario a una svolta socialdemocratica. Precisava: il contrasto è con dei “compagni”. Il rapporto era particolarmente stretto, combattivo e affettuoso con l’anziano Giancarlo Pajetta, il dirigente comunista per lunghi anni detenuto nelle carceri fasciste. Gli confidò: durante la dittatura fascista andava davanti l’ambasciata sovietica a Roma e si commuoveva vedendo sventolare la bandiera rossa. Con Pajetta però a volte polemizzò così aspramente che, come ha rivelato lui stesso, fu rimproverato da Craxi. L’unità e l’intesa a sinistra fallì, ognuno voleva la leadership. Fu un disastro non solo per il Psi ma anche per il Pci e per i successivi partiti eredi. Ugo Intini fu coraggioso e rischiò molto negli anni settanta e ottanta, l’era tragica del terrorismo nero e rosso. Fu coraggioso dopo Tangentopoli, la criminalizzazione e il disfacimento del Psi. Fu uno dei pochi dirigenti socialisti ad avere il coraggio di restare in trincea, a rimanere socialista: continuò a scrivere e a girare nelle superstiti sezioni del partito, fondò con Enrico Boselli lo Sdi e poi partecipò alla rinascita del Psi. Ho visto Ugo per l’ultima volta poco più di un anno fa. Era il 9 novembre 2022, andai alla presentazione a Roma di “Testimoni di un secolo”, il suo ultimo libro. In ben 663 splendide pagine ha raccontato la storia del 1900 e dei primi anni 2000, con particolari inediti visti da lui da protagonista, o come giornalista o come politico. Scrissi una recensione del libro su Sfoglia Roma. Mi telefonò per ringraziarmi e per complimentarsi. Non avrei mai immaginato che non l’avrei più rivisto.

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